Introduzione. Nelle fasi iniziali della pandemia di COVID-19 si è riscontrato un aumento dell’incidenza degli arresti cardiaci extraospedalieri. L’obiettivo di questo studio è verificare se la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto sulle decisioni relative al trattamento dei pazienti vittime di arresto cardiaco. Materiali e metodi. Sono stati valutati retrospettivamente i dati del Registro degli Arresti Cardiaci della Lombardia riguardanti gli arresti cardiaci extraospedalieri avvenuti nelle province di Lodi, Cremona, Pavia e Mantova nei primi cento giorni della pandemia in Italia, confrontandoli con quelli dello stesso periodo nel 2019. Risultati. Si sono verificati 694 arresti cardiaci nel 2020 e 520 nel 2019. La rianimazione cardiopolmonare è stata effettuata dagli astanti meno frequentemente nel 2020 (20% contro 31%, p < 0,001), ma l’utilizzo da parte degli astanti di un defibrillatore semiautomatico è stato sovrapponibile. Il sistema di emergenza territoriale ha iniziato la rianimazione in una percentuale inferiore di pazienti nel 2020 (64,5% contro 72%, p = 0,008); di questi, il 45% nel 2020 e il 64% nel 2019 hanno ricevuto un supporto vitale avanzato. All’analisi univariata, si sono rivelati predittori del tentativo di rianimazione avanzata l’età, il genere, un ritmo di presentazione non defibrillabile, un arresto cardiaco non testimoniato, il tempo di arrivo dei soccorsi e l’assenza di rianimazione da parte degli astanti, ma non una diagnosi certa o sospetta di COVID-19. Non sono emerse differenze in termini di durata della rianimazione, somministrazione di adrenalina e amiodarone, tentativi di defibrillazione e utilizzo di dispositivi per le compressioni toraciche meccaniche. Il tasso di ripristino della circolazione spontanea all’accesso in ospedale è stato inferiore nel 2020 (11% contro 20%, p = 0,001), ma è risultato sovrapponibile nei pazienti trattati con supporto vitale avanzato (19% contro 26%, p = 0,15). Una diagnosi certa o sospetta di COVID-19 non si è dimostrata un predittore di ripristino della circolazione spontanea all’accesso in ospedale. Conclusioni. La rianimazione cardiopolmonare di base e avanzata è una procedura efficace ed eseguibile in sicurezza anche nell’era del COVID-19.

Il trattamento dell'arresto cardiaco extraospedaliero nell'era del COVID-19: l'esperienza di cento giorni nella regione Lombardia

BAUDI, FRANCESCA
2019/2020

Abstract

Introduzione. Nelle fasi iniziali della pandemia di COVID-19 si è riscontrato un aumento dell’incidenza degli arresti cardiaci extraospedalieri. L’obiettivo di questo studio è verificare se la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto sulle decisioni relative al trattamento dei pazienti vittime di arresto cardiaco. Materiali e metodi. Sono stati valutati retrospettivamente i dati del Registro degli Arresti Cardiaci della Lombardia riguardanti gli arresti cardiaci extraospedalieri avvenuti nelle province di Lodi, Cremona, Pavia e Mantova nei primi cento giorni della pandemia in Italia, confrontandoli con quelli dello stesso periodo nel 2019. Risultati. Si sono verificati 694 arresti cardiaci nel 2020 e 520 nel 2019. La rianimazione cardiopolmonare è stata effettuata dagli astanti meno frequentemente nel 2020 (20% contro 31%, p < 0,001), ma l’utilizzo da parte degli astanti di un defibrillatore semiautomatico è stato sovrapponibile. Il sistema di emergenza territoriale ha iniziato la rianimazione in una percentuale inferiore di pazienti nel 2020 (64,5% contro 72%, p = 0,008); di questi, il 45% nel 2020 e il 64% nel 2019 hanno ricevuto un supporto vitale avanzato. All’analisi univariata, si sono rivelati predittori del tentativo di rianimazione avanzata l’età, il genere, un ritmo di presentazione non defibrillabile, un arresto cardiaco non testimoniato, il tempo di arrivo dei soccorsi e l’assenza di rianimazione da parte degli astanti, ma non una diagnosi certa o sospetta di COVID-19. Non sono emerse differenze in termini di durata della rianimazione, somministrazione di adrenalina e amiodarone, tentativi di defibrillazione e utilizzo di dispositivi per le compressioni toraciche meccaniche. Il tasso di ripristino della circolazione spontanea all’accesso in ospedale è stato inferiore nel 2020 (11% contro 20%, p = 0,001), ma è risultato sovrapponibile nei pazienti trattati con supporto vitale avanzato (19% contro 26%, p = 0,15). Una diagnosi certa o sospetta di COVID-19 non si è dimostrata un predittore di ripristino della circolazione spontanea all’accesso in ospedale. Conclusioni. La rianimazione cardiopolmonare di base e avanzata è una procedura efficace ed eseguibile in sicurezza anche nell’era del COVID-19.
2019
Treatment of out-of-hospital cardiac arrest in the COVID-19 era: 100 days experience from the Lombardy region
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/11625