La fenilchetonuria è la forma più frequente di iperfenilalaninemia. Si tratta di una rara patologia metabolica ereditaria causata da mutazioni del gene della fenilalanina idrossilasi, enzima epatico che converte la fenilalanina, un amminoacido essenziale presente nella maggior parte delle proteine, in tirosina. Il metabolismo della Phe avviene attraverso due vie: quella più importante è quella regolata dalla PAH che, in condizioni normali, metabolizza fino al 50 % della Phe assunta con la dieta; la seconda via metabolica prevede una reazione di transaminazione che trasforma la Phe in acido fenilpiruvico. Questa seconda via diventa più importante in caso di PKU quando avviene una mutazione del gene della PAH. L’eccesso di Phe, a livello cerebrale, risulta tossico e di conseguenza determina un alterato sviluppo neuro – cognitivo. Le forme mutate di PAH sono caratterizzate da una variabile riduzione dell’attività enzimatica che porta ad un aumento di Phe a livello ematico.In base alla tipologia di difetto genetico la PKU più essere causata prevalentemente da mutazione del gene che codifica per la PAH, esiste anche una forma di PKU materna causata da un’esposizione indiretta del feto a elevati livelli di Phe (superiori a 360 µmol/L) che si comporta da agente teratogeno. Il trattamento dietetico prevede l’utilizzo di una dieta povera di Phe ed è importante iniziare precocemente una dieta appropriata per evitare uno sviluppo di deficit neuro – cognitivo permanente. Lo scopo della dieta è quello di riportare i livelli di Phe entro valori considerati “sicuri”, ma sufficienti a garantire la sintesi proteica. La terapia prevede l’esclusione dalla dieta quotidiana degli alimenti ad alto contenuto proteico, e l’eliminazione di questi alimenti richiede un’integrazione giornaliera di miscele di amminoacidi prive di Phe. Alimenti a basso contenuto proteico possono invece essere assunti senza restrizioni, ad eccezione di patate, spinaci e cavolfiori che devono essere assunti in modo controllato perché contengono quantità moderate di proteine. La rigida dieta può inoltre causare delle carenze nutrizionali, specialmente di micronutrienti. L'integrazione amminoacidi liberi destinati a supplire i deficit nutrizionali causati dalla PKU forniscono un profilo di assorbimento diverso da quello che si ottiene dopo l'assunzione delle proteine alimentari che vedono l’azione di idrolisi dei legami peptidici per poter liberare gli amminoacidi. Infatti il picco plasmatico nel caso delle miscele dei singoli amminoacidi è raggiunto più velocemente e le loro concentrazioni diminuiscono rapidamente rispetto ad un’equivalente quantità di amminoacidi di origine alimentare. Implica che è richiesta una dose maggiore di amminoacidi liberi per evitare fluttuazioni dei loro livelli plasmatici. Una nuova strategia consiste nel somministrare formule di amminoacidi prive di Phe che abbiano una cinetica di rilascio prolungato al fine di migliorarne la velocità di assorbimento riproducendo il più possibile quella fisiologica delle proteine alimentari. E’ difficile mantenere per tutta la vita il regime dietetico perché queste miscele amminoacidiche hanno poco palatabilità, a questo si aggiungono le proprietà organolettiche e necessità della frequenza di utilizzo (4 – 5 volte al di). Negli ultimi anni sono stati proposti numerosi approcci: per quanto riguarda gli alimenti sono stati ideati nuovi sostituti proteici che includono i grandi amminoacidi neutri (LNAA) e un glicomacropeptide (GMP), mentre il trattamento farmacologico comprende l’utilizzo della sapropterina dicloridrato (BH4), e per quanto riguarda la terapia sostitutiva enzimatica l’utilizzo dell’enzima fenilalanina ammonio liasi (PAL).

Nuovi approcci dietetici per il paziente fenilchetonurico

SEGRAMORA, ALESSANDRA
2019/2020

Abstract

La fenilchetonuria è la forma più frequente di iperfenilalaninemia. Si tratta di una rara patologia metabolica ereditaria causata da mutazioni del gene della fenilalanina idrossilasi, enzima epatico che converte la fenilalanina, un amminoacido essenziale presente nella maggior parte delle proteine, in tirosina. Il metabolismo della Phe avviene attraverso due vie: quella più importante è quella regolata dalla PAH che, in condizioni normali, metabolizza fino al 50 % della Phe assunta con la dieta; la seconda via metabolica prevede una reazione di transaminazione che trasforma la Phe in acido fenilpiruvico. Questa seconda via diventa più importante in caso di PKU quando avviene una mutazione del gene della PAH. L’eccesso di Phe, a livello cerebrale, risulta tossico e di conseguenza determina un alterato sviluppo neuro – cognitivo. Le forme mutate di PAH sono caratterizzate da una variabile riduzione dell’attività enzimatica che porta ad un aumento di Phe a livello ematico.In base alla tipologia di difetto genetico la PKU più essere causata prevalentemente da mutazione del gene che codifica per la PAH, esiste anche una forma di PKU materna causata da un’esposizione indiretta del feto a elevati livelli di Phe (superiori a 360 µmol/L) che si comporta da agente teratogeno. Il trattamento dietetico prevede l’utilizzo di una dieta povera di Phe ed è importante iniziare precocemente una dieta appropriata per evitare uno sviluppo di deficit neuro – cognitivo permanente. Lo scopo della dieta è quello di riportare i livelli di Phe entro valori considerati “sicuri”, ma sufficienti a garantire la sintesi proteica. La terapia prevede l’esclusione dalla dieta quotidiana degli alimenti ad alto contenuto proteico, e l’eliminazione di questi alimenti richiede un’integrazione giornaliera di miscele di amminoacidi prive di Phe. Alimenti a basso contenuto proteico possono invece essere assunti senza restrizioni, ad eccezione di patate, spinaci e cavolfiori che devono essere assunti in modo controllato perché contengono quantità moderate di proteine. La rigida dieta può inoltre causare delle carenze nutrizionali, specialmente di micronutrienti. L'integrazione amminoacidi liberi destinati a supplire i deficit nutrizionali causati dalla PKU forniscono un profilo di assorbimento diverso da quello che si ottiene dopo l'assunzione delle proteine alimentari che vedono l’azione di idrolisi dei legami peptidici per poter liberare gli amminoacidi. Infatti il picco plasmatico nel caso delle miscele dei singoli amminoacidi è raggiunto più velocemente e le loro concentrazioni diminuiscono rapidamente rispetto ad un’equivalente quantità di amminoacidi di origine alimentare. Implica che è richiesta una dose maggiore di amminoacidi liberi per evitare fluttuazioni dei loro livelli plasmatici. Una nuova strategia consiste nel somministrare formule di amminoacidi prive di Phe che abbiano una cinetica di rilascio prolungato al fine di migliorarne la velocità di assorbimento riproducendo il più possibile quella fisiologica delle proteine alimentari. E’ difficile mantenere per tutta la vita il regime dietetico perché queste miscele amminoacidiche hanno poco palatabilità, a questo si aggiungono le proprietà organolettiche e necessità della frequenza di utilizzo (4 – 5 volte al di). Negli ultimi anni sono stati proposti numerosi approcci: per quanto riguarda gli alimenti sono stati ideati nuovi sostituti proteici che includono i grandi amminoacidi neutri (LNAA) e un glicomacropeptide (GMP), mentre il trattamento farmacologico comprende l’utilizzo della sapropterina dicloridrato (BH4), e per quanto riguarda la terapia sostitutiva enzimatica l’utilizzo dell’enzima fenilalanina ammonio liasi (PAL).
2019
New dietary approaches for the phenylketonuric patient
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/11660