Con il dilagare della pandemia di SARS-CoV-2 l’attenzione si è presto focalizzata sulla possibile relazione fra l’utilizzo di farmaci antagonisti del sistema renina-angiotensina-aldosterone e lo sviluppo e la gravità del COVID-19. Questo è riconducibile fondamentalmente a due osservazioni: l’aumentata incidenza di forme gravi in pazienti con comorbidità, in primis l’ipertensione arteriosa, e il fatto che SARS-CoV-2 infetti le cellule legando ACE2 (angiotensin-converting enzime 2), enzima che è ubiquitariamente espresso nei polmoni ed in altri tessuti e potenzialmente up-regolato dagli inibitori del sistema RAA. Da ciò, vista l’alta prevalenza di ipertensione arteriosa nella popolazione e l’alta percentuale di pazienti in terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (I-SRAA), si è speculato che l’utilizzo di questa classe di farmaci potesse aumentare il rischio di infettarsi e di sviluppare una forma grave di COVID-19. L’obbiettivo di questo studio monocentrico retrospettivo è stato di verificare l’esistenza di un legame fra l’utilizzo di farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone e la severità del COVID-19, in particolare la sua mortalità a 30 giorni. Nell’analisi si sono presi in esame 542 pazienti risultati positivi a SARS-CoV-2 alla RT-PCR, e si sono raccolte le loro caratteristiche cliniche, anamnestiche, laboratoristiche ed ecografiche. Si è poi studiata la differenza di sopravvivenza a 30 giorni a seconda dell’utilizzo o meno di ACE-inibitori e sartani nell’intero campione, nel sottogruppo dei pazienti ipertesi e in quello dei pazienti anziani. I risultati mostrano una mortalità aumentata nei pazienti in terapia con I-SRAA, che cessa però di osservarsi nel momento in cui vengono presi in considerazione i due principali fattori confondenti della relazione fra questa famiglia di farmaci e la prognosi di COVID-19, ovvero l’età avanzata e la presenza di ipertensione arteriosa. Infatti analizzando la sopravvivenza a 30 giorni nel sottogruppo dei pazienti ipertesi e in quello dei pazienti anziani (66-99 anni) non si rilevano differenze significative fra gli esposti e i non esposti a ACE-inibitori e sartani. In conclusione, il nostro studio mostra che non esiste una relazione tra l’utilizzo di inibitori del sistema RAA e il peggioramento della prognosi nei pazienti affetti da COVID-19.

Relazione fra COVID-19 e inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone: uno studio monocentrico retrospettivo

GUERRA, PRISCA
2019/2020

Abstract

Con il dilagare della pandemia di SARS-CoV-2 l’attenzione si è presto focalizzata sulla possibile relazione fra l’utilizzo di farmaci antagonisti del sistema renina-angiotensina-aldosterone e lo sviluppo e la gravità del COVID-19. Questo è riconducibile fondamentalmente a due osservazioni: l’aumentata incidenza di forme gravi in pazienti con comorbidità, in primis l’ipertensione arteriosa, e il fatto che SARS-CoV-2 infetti le cellule legando ACE2 (angiotensin-converting enzime 2), enzima che è ubiquitariamente espresso nei polmoni ed in altri tessuti e potenzialmente up-regolato dagli inibitori del sistema RAA. Da ciò, vista l’alta prevalenza di ipertensione arteriosa nella popolazione e l’alta percentuale di pazienti in terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (I-SRAA), si è speculato che l’utilizzo di questa classe di farmaci potesse aumentare il rischio di infettarsi e di sviluppare una forma grave di COVID-19. L’obbiettivo di questo studio monocentrico retrospettivo è stato di verificare l’esistenza di un legame fra l’utilizzo di farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone e la severità del COVID-19, in particolare la sua mortalità a 30 giorni. Nell’analisi si sono presi in esame 542 pazienti risultati positivi a SARS-CoV-2 alla RT-PCR, e si sono raccolte le loro caratteristiche cliniche, anamnestiche, laboratoristiche ed ecografiche. Si è poi studiata la differenza di sopravvivenza a 30 giorni a seconda dell’utilizzo o meno di ACE-inibitori e sartani nell’intero campione, nel sottogruppo dei pazienti ipertesi e in quello dei pazienti anziani. I risultati mostrano una mortalità aumentata nei pazienti in terapia con I-SRAA, che cessa però di osservarsi nel momento in cui vengono presi in considerazione i due principali fattori confondenti della relazione fra questa famiglia di farmaci e la prognosi di COVID-19, ovvero l’età avanzata e la presenza di ipertensione arteriosa. Infatti analizzando la sopravvivenza a 30 giorni nel sottogruppo dei pazienti ipertesi e in quello dei pazienti anziani (66-99 anni) non si rilevano differenze significative fra gli esposti e i non esposti a ACE-inibitori e sartani. In conclusione, il nostro studio mostra che non esiste una relazione tra l’utilizzo di inibitori del sistema RAA e il peggioramento della prognosi nei pazienti affetti da COVID-19.
2019
Correlation between COVID-19 and SRAA inhibitors: a single center retrospective study
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/11965