“Il tema del costruito sul costruito, o più genericamente del recupero, non solo appartiene alla tradizione progettuale italiana, ma specificamente ne costituisce l’essenzialità, sia dal punto di vista urbano che del linguaggio architettonico. Se la Storia è un Progetto, in quanto interpretazione e studio allo scopo di proiettarsi nel futuro, il luogo del recupero è specificamente il luogo della connessione fra tempi differenti della Storia, proprio passato e futuro, e quindi del mistero della Contemporaneità. L’elemento chiave di questo dialogo fra tempi differenti e fra architettura, città e collettività è il Linguaggio architettonico, che dovrà tornare ad essere collettivo e contemporaneamente specifico.” [cit. Gianluca Peluffo] La rifunzionalizzazione degli edifici di valore storico-artistico, infatti, si configura come l'azione più efficace ad assicurare la manutenzione continuativa delle strutture e la conoscenza dell'opera, e quindi il permanere di essa nella memoria storica delle comunità cittadine. Per contro, l’esclusione dalla fruizione del patrimonio culturale genera l’indifferenza nei confronti di esso e la conseguente deleteria tendenza all’incuria. Questa trattazione si propone di dimostrare come l’attività di restauro volta al recupero di opere architettoniche abbandonate e in stato di degrado, unita al successivo riuso delle strutture così ritrovate, sia non solo l’arma più efficace in difesa dell’identità e della memoria storiche, ma rappresenti anche l’occasione per una comunità di arricchire sé stessa sia spiritualmente che materialmente. Per procedere alla dimostrazione di questa tesi viene preso in esame il caso particolare di un edificio religioso della città di Campobello di Licata (AG), la Chiesa dell’Addolorata, detta “la Chiesa Nuova”, e conseguentemente dei due edifici adiacenti ad esso, l’Ex Caserma e l’Istituto Educativo Assistenziale Anna Bella. Il riuso del patrimonio architettonico, se correttamente impostato, può apportare numerosi vantaggi per la comunità, in quanto rappresenta un mezzo efficace di riappropriazione di testimonianze storiche da parte di essa ed incentiva l’interesse dei cittadini verso le proprie memorie storiche e favorendo la loro conoscenza e riscoperta, che sono i presupposti essenziali nel processo di formazione di un senso di appartenenza che alimenta l’attitudine alla tutela.

Rigenerare uno spazio come strumento per riscoprire le proprie tradizioni culturali: Il caso campobellese nel territorio agrigentino

ZIRAFI, ANGELO
2020/2021

Abstract

“Il tema del costruito sul costruito, o più genericamente del recupero, non solo appartiene alla tradizione progettuale italiana, ma specificamente ne costituisce l’essenzialità, sia dal punto di vista urbano che del linguaggio architettonico. Se la Storia è un Progetto, in quanto interpretazione e studio allo scopo di proiettarsi nel futuro, il luogo del recupero è specificamente il luogo della connessione fra tempi differenti della Storia, proprio passato e futuro, e quindi del mistero della Contemporaneità. L’elemento chiave di questo dialogo fra tempi differenti e fra architettura, città e collettività è il Linguaggio architettonico, che dovrà tornare ad essere collettivo e contemporaneamente specifico.” [cit. Gianluca Peluffo] La rifunzionalizzazione degli edifici di valore storico-artistico, infatti, si configura come l'azione più efficace ad assicurare la manutenzione continuativa delle strutture e la conoscenza dell'opera, e quindi il permanere di essa nella memoria storica delle comunità cittadine. Per contro, l’esclusione dalla fruizione del patrimonio culturale genera l’indifferenza nei confronti di esso e la conseguente deleteria tendenza all’incuria. Questa trattazione si propone di dimostrare come l’attività di restauro volta al recupero di opere architettoniche abbandonate e in stato di degrado, unita al successivo riuso delle strutture così ritrovate, sia non solo l’arma più efficace in difesa dell’identità e della memoria storiche, ma rappresenti anche l’occasione per una comunità di arricchire sé stessa sia spiritualmente che materialmente. Per procedere alla dimostrazione di questa tesi viene preso in esame il caso particolare di un edificio religioso della città di Campobello di Licata (AG), la Chiesa dell’Addolorata, detta “la Chiesa Nuova”, e conseguentemente dei due edifici adiacenti ad esso, l’Ex Caserma e l’Istituto Educativo Assistenziale Anna Bella. Il riuso del patrimonio architettonico, se correttamente impostato, può apportare numerosi vantaggi per la comunità, in quanto rappresenta un mezzo efficace di riappropriazione di testimonianze storiche da parte di essa ed incentiva l’interesse dei cittadini verso le proprie memorie storiche e favorendo la loro conoscenza e riscoperta, che sono i presupposti essenziali nel processo di formazione di un senso di appartenenza che alimenta l’attitudine alla tutela.
2020
Regenerating a space as a tool to rediscover one's own cultural traditions: The Campobellese case in the Agrigento area
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
Per maggiori informazioni e per verifiche sull'eventuale disponibilità del file scrivere a: unitesi@unipv.it.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/12109