In questa tesi sono trattati i modelli e i metodi sperimentali per lo studio della placenta e della barriera placentare. L’idea è nata durante il corso di laurea, riflettendo sull’importanza di un organo così complesso, che gioca un ruolo critico nella crescita e nello sviluppo del feto durante la gravidanza. Questo annesso embrionale è fondamentale poiché regola strettamente lo scambio di materiali endogeni ed esogeni tra la madre e il feto. Purtroppo, anche sostanze dannose come farmaci, virus e sostanze d’abuso possono attraversare la placenta. Per questo motivo, viene presentata inizialmente una descrizione sia dal punto di vista anatomico che fisiologico dell’organo protagonista. Segue l’analisi dei motivi per cui si studiano i modelli placentari, considerando le problematiche che derivano dall’assunzione dei medicinali durante la gravidanza. La prima volta che fu introdotto l’obbligo di sperimentare nuovi farmaci anche sugli animali gravidi risale al 1962, quando il farmaco talidomide fu ritirato dal commercio. Perciò si prendono in considerazione i modelli di barriera placentare sviluppati nel corso delle ricerche sperimentali. L’analisi dei modelli animali ha permesso di evidenziare le loro forze e debolezze. L’uso di questi metodi nella ricerca si basa sia su presupposti etici che su linee guida per la sperimentazione, come il principio delle 3 R. Tuttavia, non è possibile trovare una placenta animale che rispecchi in tutti gli aspetti quella umana. Nota, quindi, la differenza anatomica tra le diverse specie e il problema etico conseguente all’utilizzo di un modello animale, si affrontano i diversi metodi in vitro impiegati per studiare la placenta. Si trattano i modelli ex vivo di un cotiledone placentare, gli espianti o fette di tessuto placentare, le linee cellulari derivate dai trofoblasti, le vescicole della membrana plasmatica e i microsomi placentari. Dopo di che, sono stati analizzati i nuovi metodi microfisiologici tra cui i modelli basati sui bioreattori, i metodi a base di idrogel, i modelli basati sul bioprinting e la placenta-on-a-chip. Per ogni modello sperimentale, sono stati valutati i possibili vantaggi e limiti. La prospettiva per il futuro è quella di migliorare questi metodi sperimentali, così da poter fornire le basi per uno studio più completo della placenta e dei farmaci che la attraversano, in questo modo si riuscirà a tutelare sia la madre che il feto.
Modelli e metodi sperimentali per lo studio della barriera placentare
BARZAGHI, MARTINA
2020/2021
Abstract
In questa tesi sono trattati i modelli e i metodi sperimentali per lo studio della placenta e della barriera placentare. L’idea è nata durante il corso di laurea, riflettendo sull’importanza di un organo così complesso, che gioca un ruolo critico nella crescita e nello sviluppo del feto durante la gravidanza. Questo annesso embrionale è fondamentale poiché regola strettamente lo scambio di materiali endogeni ed esogeni tra la madre e il feto. Purtroppo, anche sostanze dannose come farmaci, virus e sostanze d’abuso possono attraversare la placenta. Per questo motivo, viene presentata inizialmente una descrizione sia dal punto di vista anatomico che fisiologico dell’organo protagonista. Segue l’analisi dei motivi per cui si studiano i modelli placentari, considerando le problematiche che derivano dall’assunzione dei medicinali durante la gravidanza. La prima volta che fu introdotto l’obbligo di sperimentare nuovi farmaci anche sugli animali gravidi risale al 1962, quando il farmaco talidomide fu ritirato dal commercio. Perciò si prendono in considerazione i modelli di barriera placentare sviluppati nel corso delle ricerche sperimentali. L’analisi dei modelli animali ha permesso di evidenziare le loro forze e debolezze. L’uso di questi metodi nella ricerca si basa sia su presupposti etici che su linee guida per la sperimentazione, come il principio delle 3 R. Tuttavia, non è possibile trovare una placenta animale che rispecchi in tutti gli aspetti quella umana. Nota, quindi, la differenza anatomica tra le diverse specie e il problema etico conseguente all’utilizzo di un modello animale, si affrontano i diversi metodi in vitro impiegati per studiare la placenta. Si trattano i modelli ex vivo di un cotiledone placentare, gli espianti o fette di tessuto placentare, le linee cellulari derivate dai trofoblasti, le vescicole della membrana plasmatica e i microsomi placentari. Dopo di che, sono stati analizzati i nuovi metodi microfisiologici tra cui i modelli basati sui bioreattori, i metodi a base di idrogel, i modelli basati sul bioprinting e la placenta-on-a-chip. Per ogni modello sperimentale, sono stati valutati i possibili vantaggi e limiti. La prospettiva per il futuro è quella di migliorare questi metodi sperimentali, così da poter fornire le basi per uno studio più completo della placenta e dei farmaci che la attraversano, in questo modo si riuscirà a tutelare sia la madre che il feto.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/12701