L’infezione che coinvolge valvole protesiche o valvole cardiache ricostruite si definisce endocardite su valvola protesica (EVP). L’EVP rappresenta il 16-34% di tutti i casi di endocardite infettiva (EI) e presenta alta mortalità e morbilità. La diagnosi di EVP è più impegnativa rispetto a quella di endocardite su valvola nativa (EVN) e spesso richiede diversi metodi di imaging oltre alle analisi microbiologiche standard; la medicina nucleare rappresenta un valido aiuto. L’endocardite che si manifesta entro i 12 mesi dall’operazione di sostituzione valvolare, dovuta ad un’infezione nosocomiale, si definisce EVP precoce. Con caratteristiche più simili all’EVN, l’EVP tardiva si sviluppa oltre un anno dall’operazione. L’intervento di sostituzione valvolare può essere chirurgico o transcatetere. Queste due distinte modalità non comportano significative differenze per quanto riguarda l’incidenza di EVP che è massima nell’anno successivo all’intervento, con un picco nei primi tre mesi. Risultano diversi, invece, i patogeni coinvolti nei due approcci. In generale, l’agente eziologico più comune è lo Staphylococcus aureus che è in grado di costituire biofilm contribuendo alla resistenza antibiotica. Il trattamento antimicrobico per l’EVP è generalmente di lunga durata ma spesso non è sufficiente a risolvere la malattia. Si stanno studiando nuove strategie per inibire la formazione di biofilm e antimicrobici innovativi per combattere l’infezione che attualmente non hanno prodotto valide soluzioni per la pratica clinica. L’espianto della valvola infetta rappresenta ancora, in diversi casi, la scelta più appropriata.
Endocardite su valvola protesica: grave complicanza che rappresenta ancora una sfida
MANFREDI, VITTORIA
2020/2021
Abstract
L’infezione che coinvolge valvole protesiche o valvole cardiache ricostruite si definisce endocardite su valvola protesica (EVP). L’EVP rappresenta il 16-34% di tutti i casi di endocardite infettiva (EI) e presenta alta mortalità e morbilità. La diagnosi di EVP è più impegnativa rispetto a quella di endocardite su valvola nativa (EVN) e spesso richiede diversi metodi di imaging oltre alle analisi microbiologiche standard; la medicina nucleare rappresenta un valido aiuto. L’endocardite che si manifesta entro i 12 mesi dall’operazione di sostituzione valvolare, dovuta ad un’infezione nosocomiale, si definisce EVP precoce. Con caratteristiche più simili all’EVN, l’EVP tardiva si sviluppa oltre un anno dall’operazione. L’intervento di sostituzione valvolare può essere chirurgico o transcatetere. Queste due distinte modalità non comportano significative differenze per quanto riguarda l’incidenza di EVP che è massima nell’anno successivo all’intervento, con un picco nei primi tre mesi. Risultano diversi, invece, i patogeni coinvolti nei due approcci. In generale, l’agente eziologico più comune è lo Staphylococcus aureus che è in grado di costituire biofilm contribuendo alla resistenza antibiotica. Il trattamento antimicrobico per l’EVP è generalmente di lunga durata ma spesso non è sufficiente a risolvere la malattia. Si stanno studiando nuove strategie per inibire la formazione di biofilm e antimicrobici innovativi per combattere l’infezione che attualmente non hanno prodotto valide soluzioni per la pratica clinica. L’espianto della valvola infetta rappresenta ancora, in diversi casi, la scelta più appropriata.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/13382