La valorizzazione degli scarti industriali, uno dei principi cardine dell’economia circolare a cui molti Paesi aspirano come base per un futuro sostenibile, possiede il duplice vantaggio: diminuire il carico inquinante degli scarti industriali e ottenere molecole ad alto interesse economico. Il lavoro di tesi si colloca all’interno di questo contesto, più nello specifico nella valorizzazione degli scarti derivati dall’industria casearia (e.g., permeato di siero di latte) al fine di produrre bioetanolo mediante fermentazione da parte di batteri opportunamente ingegnerizzati. Il processo di fermentazione del biocatalizzatore batterico ottenuto precedentemente costruito e ottimizzato è stato caratterizzato opportunamente in bioreattore a scala di laboratorio e il processo di scale-up a livello industriale è in fase di analisi in un fermentatore pilota del volume di 200 L (costruito da FilterFlo S.r.l.) collocato presso i laboratori dell’istituto tecnico agrario ITAS “Carlo Gallini” (Voghera, PV). Il processo di scale-up è stato regolato e analizzato alla luce di diversi aspetti tecnici, quali: ottimizzazione di protocolli di decontaminazione e disinfezione da microorganismi indesiderati, analisi di microorganismi contaminanti all’interno del fermentatore e nell’ambiente circostante, ottimizzazione della dimensione dell’inoculo iniziale e profilo di fermentazione (e.g., CFU/ml, resa di conversione lattosio/etanolo, concentrazione di zuccheri, etanolo, acidi organici, produttività di etanolo nel tempo). Parallelamente, le domande scientifiche emerse durante le analisi dei primi dati ottenuti nel nuovo fermentatore pilota sono state spunto di nuovi processi di ottimizzazione del ceppo e di caratterizzazione del terreno utilizzato come substrato di fermentazione. Nel primo caso, la ridotta tolleranza rispetto l’etanolo del ceppo ingegnerizzato (~ 20 g/l), rispetto le concentrazioni di etanolo prodotto durante il processo di fermentazione (< 40 g/l), limita la sopravvivenza del ceppo e impedisce, a fine processo, di ottenere delle cellule batteriche utilizzabili come inoculo per una fermentazione successiva. Mediante directed evolution, è stato ottenuto un ceppo ingegnerizzato con tolleranza all’etanolo fino a ~45 g/l per il quale, su scala di laboratorio, è stato dimostrato come, a fine fermentazione, la coltura batterica riesca a mantenere un numero elevato di cellule vive diversamente dalla coltura del ceppo non evoluto. Nel secondo caso, diversi supplementi nutritivi sono stati addizionati al substrato di fermentazione (NH4+, Mg2+) al fine di aumentare la produzione di bioetanolo.
Ottimizzazione del processo di scale-up in un impianto di fermentazione preindustriale per la valorizzazione degli scarti caseari in bioetanolo da batteri ingegnerizzati
MAZZITELLO, GIACOMO
2020/2021
Abstract
La valorizzazione degli scarti industriali, uno dei principi cardine dell’economia circolare a cui molti Paesi aspirano come base per un futuro sostenibile, possiede il duplice vantaggio: diminuire il carico inquinante degli scarti industriali e ottenere molecole ad alto interesse economico. Il lavoro di tesi si colloca all’interno di questo contesto, più nello specifico nella valorizzazione degli scarti derivati dall’industria casearia (e.g., permeato di siero di latte) al fine di produrre bioetanolo mediante fermentazione da parte di batteri opportunamente ingegnerizzati. Il processo di fermentazione del biocatalizzatore batterico ottenuto precedentemente costruito e ottimizzato è stato caratterizzato opportunamente in bioreattore a scala di laboratorio e il processo di scale-up a livello industriale è in fase di analisi in un fermentatore pilota del volume di 200 L (costruito da FilterFlo S.r.l.) collocato presso i laboratori dell’istituto tecnico agrario ITAS “Carlo Gallini” (Voghera, PV). Il processo di scale-up è stato regolato e analizzato alla luce di diversi aspetti tecnici, quali: ottimizzazione di protocolli di decontaminazione e disinfezione da microorganismi indesiderati, analisi di microorganismi contaminanti all’interno del fermentatore e nell’ambiente circostante, ottimizzazione della dimensione dell’inoculo iniziale e profilo di fermentazione (e.g., CFU/ml, resa di conversione lattosio/etanolo, concentrazione di zuccheri, etanolo, acidi organici, produttività di etanolo nel tempo). Parallelamente, le domande scientifiche emerse durante le analisi dei primi dati ottenuti nel nuovo fermentatore pilota sono state spunto di nuovi processi di ottimizzazione del ceppo e di caratterizzazione del terreno utilizzato come substrato di fermentazione. Nel primo caso, la ridotta tolleranza rispetto l’etanolo del ceppo ingegnerizzato (~ 20 g/l), rispetto le concentrazioni di etanolo prodotto durante il processo di fermentazione (< 40 g/l), limita la sopravvivenza del ceppo e impedisce, a fine processo, di ottenere delle cellule batteriche utilizzabili come inoculo per una fermentazione successiva. Mediante directed evolution, è stato ottenuto un ceppo ingegnerizzato con tolleranza all’etanolo fino a ~45 g/l per il quale, su scala di laboratorio, è stato dimostrato come, a fine fermentazione, la coltura batterica riesca a mantenere un numero elevato di cellule vive diversamente dalla coltura del ceppo non evoluto. Nel secondo caso, diversi supplementi nutritivi sono stati addizionati al substrato di fermentazione (NH4+, Mg2+) al fine di aumentare la produzione di bioetanolo.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/14460