L’utilizzo massiccio degli antibiotici ha salvato milioni di vite umane, ma ha anche determinato la selezione di batteri resistenti a più agenti antimicrobici, complicando così l’approccio terapeutico e rendendo maggiormente dispendioso il trattamento di alcune infezioni da enterobatteriresistenti ai carbapenemi (CRE). Le infezioni da CRE sono spesso correlate all'assistenza (ICA): si verificano in pazienti ricoverati negli ospedali, nelle case di cura e in altre strutture sanitarie. I pazienti ricoverati in Terapia Intensiva (TI) presentano un rischio di contrarre le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) fino a dieci volte superiore alla media per altre aree ospedaliere. Le specie di Klebsiella spp. ed Escherichia. coli sono esempi di Enterobacteriaceae che fanno parte del normale microbiota intestinale umano, ma in determinate condizioni possono diventare resistenti ad antibiotici “salvavita”, come i carbapenemici. I ceppi di K. pneumoniae KPC-produttore risultati colonizzati o con infezione causata da studiati nell’ambito della presente tesi, sono stati ottenuti da pazienti fragili ricoverati in un reparto di Rianimazione dell’Ospedale Civile di Voghera e sottoposti a screening di colonizzazione all’ingresso. Si è potuto constatare, che il 40 % dei pazienti ricoverati nel reparto di Rianimazione dell’Ospedale Civile di Voghera nel periodo in esame, provenivano da reparti interni all’ospedale stesso; il 33% invece era riferibile a trasferimenti extra-ospedalieri; per finire il 27% dei pazienti era stato ammesso al reparto di Rianimazione in seguito ad accesso al Pronto Soccorso dell’ospedale (pazienti comunitari). Un dato ancora più interessante legato sempre alla provenienza dei pazienti, dei 33 pazienti presi in esame, 20 sono risultati negativi al tampone rettale per la ricerca di KPC effettuato per screening prima del ricovero in reparto; in 13 invece, è risultato già positivo per KPC prima del ricovero in Rianimazione. Vale a dire che il 61% dei pazienti coinvolti nello studio presentava un tampone rettale per KPC negativo prima del ricovero in Rianimazione. La nostra attenzione e le nostre successive analisi sono state rivolte proprio sui 33 ceppi di K. pneumoniae KPC-produttori, rappresentativi dei pazienti in esame. Sulla base dei risultati fenotipici ottenuti e di quanto riportato in letteratura, si è proceduto con l’amplificazione dei geni codificanti gli enzimi KPC, detti blaKPC. Gli esperimenti condotti hanno confermato in tutti i 33 ceppi la presenza del determinante blaKPC. Successivamente, sono stati scelti nove ceppi rappresentativi materiale biologico ed antibiogramma, e sono stati sottoposti a Pulsed-Field Gel Electrophoresis (PFGE). In base alla tipizzazione molecolare con PFGE è stato possibile evidenziare la presenza di due differenti cloni ed un sottoclone (A,B,B1). Analizzando l’andamento temporale dei cloni abbiamo notato come il clone B risultasse l’unico clone presente nei pazienti in esame per diversi mesi, da febbraio a luglio 2021. E’ stato quindi descritto l’andamento di un evento epidemico di ridotte dimensioni verificatosi durante il periodo covid-19 in un reparto di rianimazione. L’ultimo dato da sottolineare è legato al sequenziamento di 5/9 ceppi analizzati, in cui è stata determinata la variante blaKPC-3 in 4/5 ed in bla KPC-2 in 1/5 casi. Analizzando l’antibiogramma , è emersa un’insolita resistenza a ceftazidime/avibactam in due ceppi non compatibile, secondo gli attuali studi, con la variante KPC-3 riscontrata. A tal proposito, potrebbe essere interessante in futuro approfondire il meccanismo molecolare alla base della resistenza a ceftazidime/avibactam riscontrata in questi due isolati.
Klebsiella pneumoniae KPC-produttore in terapia intensiva: multi-antibiotico resistenza e multi-clonalità
PALACIOS SIMONELLI, FIORELLA ROMINA
2021/2022
Abstract
L’utilizzo massiccio degli antibiotici ha salvato milioni di vite umane, ma ha anche determinato la selezione di batteri resistenti a più agenti antimicrobici, complicando così l’approccio terapeutico e rendendo maggiormente dispendioso il trattamento di alcune infezioni da enterobatteriresistenti ai carbapenemi (CRE). Le infezioni da CRE sono spesso correlate all'assistenza (ICA): si verificano in pazienti ricoverati negli ospedali, nelle case di cura e in altre strutture sanitarie. I pazienti ricoverati in Terapia Intensiva (TI) presentano un rischio di contrarre le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) fino a dieci volte superiore alla media per altre aree ospedaliere. Le specie di Klebsiella spp. ed Escherichia. coli sono esempi di Enterobacteriaceae che fanno parte del normale microbiota intestinale umano, ma in determinate condizioni possono diventare resistenti ad antibiotici “salvavita”, come i carbapenemici. I ceppi di K. pneumoniae KPC-produttore risultati colonizzati o con infezione causata da studiati nell’ambito della presente tesi, sono stati ottenuti da pazienti fragili ricoverati in un reparto di Rianimazione dell’Ospedale Civile di Voghera e sottoposti a screening di colonizzazione all’ingresso. Si è potuto constatare, che il 40 % dei pazienti ricoverati nel reparto di Rianimazione dell’Ospedale Civile di Voghera nel periodo in esame, provenivano da reparti interni all’ospedale stesso; il 33% invece era riferibile a trasferimenti extra-ospedalieri; per finire il 27% dei pazienti era stato ammesso al reparto di Rianimazione in seguito ad accesso al Pronto Soccorso dell’ospedale (pazienti comunitari). Un dato ancora più interessante legato sempre alla provenienza dei pazienti, dei 33 pazienti presi in esame, 20 sono risultati negativi al tampone rettale per la ricerca di KPC effettuato per screening prima del ricovero in reparto; in 13 invece, è risultato già positivo per KPC prima del ricovero in Rianimazione. Vale a dire che il 61% dei pazienti coinvolti nello studio presentava un tampone rettale per KPC negativo prima del ricovero in Rianimazione. La nostra attenzione e le nostre successive analisi sono state rivolte proprio sui 33 ceppi di K. pneumoniae KPC-produttori, rappresentativi dei pazienti in esame. Sulla base dei risultati fenotipici ottenuti e di quanto riportato in letteratura, si è proceduto con l’amplificazione dei geni codificanti gli enzimi KPC, detti blaKPC. Gli esperimenti condotti hanno confermato in tutti i 33 ceppi la presenza del determinante blaKPC. Successivamente, sono stati scelti nove ceppi rappresentativi materiale biologico ed antibiogramma, e sono stati sottoposti a Pulsed-Field Gel Electrophoresis (PFGE). In base alla tipizzazione molecolare con PFGE è stato possibile evidenziare la presenza di due differenti cloni ed un sottoclone (A,B,B1). Analizzando l’andamento temporale dei cloni abbiamo notato come il clone B risultasse l’unico clone presente nei pazienti in esame per diversi mesi, da febbraio a luglio 2021. E’ stato quindi descritto l’andamento di un evento epidemico di ridotte dimensioni verificatosi durante il periodo covid-19 in un reparto di rianimazione. L’ultimo dato da sottolineare è legato al sequenziamento di 5/9 ceppi analizzati, in cui è stata determinata la variante blaKPC-3 in 4/5 ed in bla KPC-2 in 1/5 casi. Analizzando l’antibiogramma , è emersa un’insolita resistenza a ceftazidime/avibactam in due ceppi non compatibile, secondo gli attuali studi, con la variante KPC-3 riscontrata. A tal proposito, potrebbe essere interessante in futuro approfondire il meccanismo molecolare alla base della resistenza a ceftazidime/avibactam riscontrata in questi due isolati.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/15056