I mitocondri sono organelli subcellulari specializzati per la bioenergetica cellulare, essendo i maggiori produttori di ATP. La sintesi di ATP da parte dei mitocondri è strettamente accoppiata alla funzionalità del sistema di fosforilazione ossidativa (OXPHOS). A sua volta, l’efficienza del sistema OXPHOS è associata a geni mitocondriali e nucleari che codificano per le subunità proteiche che costituiscono i complessi della catena di trasporto degli elettroni (ETC) e dell’ATP sintasi. È ormai noto che, a differenza del DNA nucleare (nDNA), il DNA mitocondriale (mtDNA) è caratterizzato da un alto tasso di mutazione sia a causa della sua esposizione a specie reattive dell’ossigeno, sia per via di un inefficiente sistema di riparazione del danno. Mutazioni patologiche sia nel mtDNA che nel nDNA possono generare un alterato funzionamento dell’OXPHOS, determinando una grande varietà di disordini genetici. Le mutazioni del mtDNA sono state suddivise in due gruppi principali connessi a sindromi cliniche ben definite: riarrangiamenti su larga scala e mutazioni puntiformi ereditarie. Poiché i mitocondri sono molto numerosi nelle cellule e contengono da 1 a 15 copie di mtDNA, affinché una mutazione possa causare una manifestazione fenotipica è necessario che sia presente in un elevato numero di molecole di mtDNA. In questa condizione, infatti, il mtDNA di tipo wild-type non è in grado di controbilanciare il difetto genetico (effetto soglia) e la malattia si manifesta. Legato a ciò vi è anche il concetto di eteroplasmia e di omoplasmia. L’elevato numero di copie del mtDNA, in associazione con la doppia membrana che avvolge i mitocondri, rende difficile il trattamento terapeutico efficiente delle mutazioni del mtDNA. Diverse evidenze sperimentali suggeriscono l’esistenza del trasferimento intercellulare di mitocondri in condizioni fisiologiche e/o patologiche e il conseguente ripristino della funzione cellulare. Questi studi, in associazione con la mancanza di un trattamento risolutivo per il superamento dei difetti genetici nella quasi totalità delle malattie mitocondriali, hanno favorito lo sviluppo di tecniche di trapianto mitocondriale per il trasferimento di mitocondri sani in cellule disfunzionali come possibile approccio terapeutico. Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato quello di isolare mitocondri da cellule donatrici e valutare la loro internalizzazione in cellule riceventi mediante l’applicazione in vitro di tecniche di trapianto mitocondriale. I risultati hanno evidenziato un ingresso, seppur ridotto, di mitocondri esogeni all’interno delle cellule riceventi e una loro permanenza limitata nel tempo all’interno delle stesse cellule. I dati raccolti indicano la potenzialità terapeutica di tale approccio, ma suggeriscono la necessità di comprendere e migliorare gli aspetti metodologici utilizzati.
Valutazione in vitro dell’uptake cellulare di mitocondri mediante applicazione di tecniche di trapianto mitocondriale
D'AMATO, MARCO
2021/2022
Abstract
I mitocondri sono organelli subcellulari specializzati per la bioenergetica cellulare, essendo i maggiori produttori di ATP. La sintesi di ATP da parte dei mitocondri è strettamente accoppiata alla funzionalità del sistema di fosforilazione ossidativa (OXPHOS). A sua volta, l’efficienza del sistema OXPHOS è associata a geni mitocondriali e nucleari che codificano per le subunità proteiche che costituiscono i complessi della catena di trasporto degli elettroni (ETC) e dell’ATP sintasi. È ormai noto che, a differenza del DNA nucleare (nDNA), il DNA mitocondriale (mtDNA) è caratterizzato da un alto tasso di mutazione sia a causa della sua esposizione a specie reattive dell’ossigeno, sia per via di un inefficiente sistema di riparazione del danno. Mutazioni patologiche sia nel mtDNA che nel nDNA possono generare un alterato funzionamento dell’OXPHOS, determinando una grande varietà di disordini genetici. Le mutazioni del mtDNA sono state suddivise in due gruppi principali connessi a sindromi cliniche ben definite: riarrangiamenti su larga scala e mutazioni puntiformi ereditarie. Poiché i mitocondri sono molto numerosi nelle cellule e contengono da 1 a 15 copie di mtDNA, affinché una mutazione possa causare una manifestazione fenotipica è necessario che sia presente in un elevato numero di molecole di mtDNA. In questa condizione, infatti, il mtDNA di tipo wild-type non è in grado di controbilanciare il difetto genetico (effetto soglia) e la malattia si manifesta. Legato a ciò vi è anche il concetto di eteroplasmia e di omoplasmia. L’elevato numero di copie del mtDNA, in associazione con la doppia membrana che avvolge i mitocondri, rende difficile il trattamento terapeutico efficiente delle mutazioni del mtDNA. Diverse evidenze sperimentali suggeriscono l’esistenza del trasferimento intercellulare di mitocondri in condizioni fisiologiche e/o patologiche e il conseguente ripristino della funzione cellulare. Questi studi, in associazione con la mancanza di un trattamento risolutivo per il superamento dei difetti genetici nella quasi totalità delle malattie mitocondriali, hanno favorito lo sviluppo di tecniche di trapianto mitocondriale per il trasferimento di mitocondri sani in cellule disfunzionali come possibile approccio terapeutico. Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato quello di isolare mitocondri da cellule donatrici e valutare la loro internalizzazione in cellule riceventi mediante l’applicazione in vitro di tecniche di trapianto mitocondriale. I risultati hanno evidenziato un ingresso, seppur ridotto, di mitocondri esogeni all’interno delle cellule riceventi e una loro permanenza limitata nel tempo all’interno delle stesse cellule. I dati raccolti indicano la potenzialità terapeutica di tale approccio, ma suggeriscono la necessità di comprendere e migliorare gli aspetti metodologici utilizzati.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/15107