L’epidemia di COVID-19 che all’inizio del 2020 si è diffusa a livello mondiale è stata causata da un Coronavirus del tutto nuovo e sconosciuto, il SARS-CoV-2. Sin dai primi casi le diverse comunità scientifiche mondiali si sono messe all’opera per cercare la più rapida ed efficace cura possibile ad un’infezione con un tasso di contagiosità e mortalità come questa. La prima ondata in particolare, prima della campagna vaccinale, è stata la più aggressiva. La sintomatologia di questa infezione è molto variabile e, nei casi più gravi, oltre a colpire principalmente l’apparato respiratorio con comparsa di ARDS (sindrome da Distress Respiratorio Acuto), si assiste ad una compromissione multi-organo dovuta ad uno stato iper-infiammatorio. È stato necessario, per i pazienti con questo quadro clinico, ricorrere al ricovero ospedaliero nelle unità di terapia intensiva in cui, accanto alla ventilazione meccanica, si sono tentati diversi approcci terapeutici. Questa tesi si concentra sulla prima ondata di pandemia e si propone di analizzare nello specifico l’utilizzo del Desametasone, un corticosteroide ad azione antinfiammatoria, e le linee guida riguardo la sua somministrazione ai pazienti in terapia intensiva. Il trial clinico RECOVERY, finalizzato a testare l’efficacia dei potenziali trattamenti contro il COVID-19, ha registrato, tra le varia terapie farmacologiche, degli ottimi riscontri dall’utilizzo di tale farmaco. L’attenzione vuole essere posta sul nuovo ruolo che un farmaco, di uso già consolidato in numerose terapie farmacologiche, acquista nella cura di un’infezione causata da un virus nuovo e in uno scenario così “moderno”: le ricerche per nuovi farmaci e nuove terapie non sono infatti mancate ma, dai dati a disposizione, il Desametasone si è dimostrato uno tra i principali farmaci per ridurre il tasso di mortalità e salvare la vita dei pazienti.

Desametasone in pazienti COVID-19: impiego efficace di una già nota risorsa farmacologica

RIGHETTI, FRANCESCA
2021/2022

Abstract

L’epidemia di COVID-19 che all’inizio del 2020 si è diffusa a livello mondiale è stata causata da un Coronavirus del tutto nuovo e sconosciuto, il SARS-CoV-2. Sin dai primi casi le diverse comunità scientifiche mondiali si sono messe all’opera per cercare la più rapida ed efficace cura possibile ad un’infezione con un tasso di contagiosità e mortalità come questa. La prima ondata in particolare, prima della campagna vaccinale, è stata la più aggressiva. La sintomatologia di questa infezione è molto variabile e, nei casi più gravi, oltre a colpire principalmente l’apparato respiratorio con comparsa di ARDS (sindrome da Distress Respiratorio Acuto), si assiste ad una compromissione multi-organo dovuta ad uno stato iper-infiammatorio. È stato necessario, per i pazienti con questo quadro clinico, ricorrere al ricovero ospedaliero nelle unità di terapia intensiva in cui, accanto alla ventilazione meccanica, si sono tentati diversi approcci terapeutici. Questa tesi si concentra sulla prima ondata di pandemia e si propone di analizzare nello specifico l’utilizzo del Desametasone, un corticosteroide ad azione antinfiammatoria, e le linee guida riguardo la sua somministrazione ai pazienti in terapia intensiva. Il trial clinico RECOVERY, finalizzato a testare l’efficacia dei potenziali trattamenti contro il COVID-19, ha registrato, tra le varia terapie farmacologiche, degli ottimi riscontri dall’utilizzo di tale farmaco. L’attenzione vuole essere posta sul nuovo ruolo che un farmaco, di uso già consolidato in numerose terapie farmacologiche, acquista nella cura di un’infezione causata da un virus nuovo e in uno scenario così “moderno”: le ricerche per nuovi farmaci e nuove terapie non sono infatti mancate ma, dai dati a disposizione, il Desametasone si è dimostrato uno tra i principali farmaci per ridurre il tasso di mortalità e salvare la vita dei pazienti.
2021
Dexamethasone in COVID-19 patients: an effective use of an already known pharmacological resource
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