La malattia di Alzheimer, rappresenta nell’anziano la forma più comune di demenza.L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, dalla quale non si può guarire. Questa malattia è caratterizzata dall’alterazione delle funzioni corticali, come la memoria, l’apprendimento.Nella maggior parte dei casi lo sviluppo della malattia di Alzheimer avviene in modo casuale ma, nonostante questo, circa il 70% dei casi riscontrati fin ora sono associati a fattori genetici.Infatti, la maggior parte dei casi di Alzheimer a inizio tardivo, derivano da mutazioni nei geni dominanti come: APOE (apolipoproteina E), APP (proteina precursore amiloide), PSEN-1 e PSEN-2 (presenilina-1 e 2).Il graduale declino cognitivo nei soggetti affetti dalla malattia di Alzheimer è associato ad atrofia cerebrale, deposizione ed aggregazione della beta-amiloide, con conseguente sviluppo della placca amiloide e l’iperfosforilazione della proteina Tau.Questi processi sono associati allo sviluppo di stati infiammatori, stress ossidativo e disfunzione mitocondriale.Queste alterazioni cerebrali hanno delle ripercussioni sulle capacità cognitive e di conseguenza, i soggetti affetti da questa malattia, sviluppano disturbi del comportamento.Sono diversi i fattori di rischio che possono portare allo sviluppo della malattia, come ad esempio l’età, lo stile di vita, lo stress o lo sviluppo di altre patologie, ma la cosa fondamentale è far si che la diagnosi sia il più precoce possibile. La diagnosi, ad oggi, si basa sulla clinica, sulla visita del paziente, le interviste ai famigliari e la somministrazione di alcuni test.I soggetti oltre agli esami fisici, da laboratorio (neuroimaging) e, se necessario, psichiatrico, sono sottoposti all’esame delle capacità cognitive, che permette di evidenziare la fase della malattia in cui si trova il paziente.Essendo, la malattia di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa ad oggi non si è ancora in grado né di prevenire né di rallentare la sua evoluzione, tantomeno di guarire i pazienti.Sono stati però approvati dei farmaci che possono agire sia sui disturbi del comportamento (antidepressivi, ansiolitici e antipsicotici) che sui disturbi cognitivi, come gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, enzima deputato alla degradazione dell’acetilcolina (denepezil, rivastigmina, galantamina); la memantina (antagonista non competitivo dei recettori per il glutammato) e gli antiossidanti (farmaci che intervengono nei processi ossidativi che caratterizzano l’invecchiamento).Dopo circa venti anni di fallimenti nella ricerca, la svolta è avvenuta nel 2021, con l’approvazione da parte dell’FDA di un nuovo anticorpo monoclonale, Aducanumab.Di recente approvazione sempre da parte dell’FDA, avvenuta nel gennaio 2023, è Lecanemab.Un altro anticorpo monoclonale approvato per la somministrazione nelle fasi iniziali della malattia.Al fine di cercare di migliorare il più possibile la vita dei pazienti, accanto alle terapie farmacologiche sono state studiate e associate delle terapie non farmacologiche.Le terapie non farmacologiche nelle fasi iniziali della malattia si basano sulla riabilitazione della memoria e sulla terapia della realtà.Con il progredire della malattia i pazienti vengono trattati con terapie basate sul modello Gentlecare, la life review therapy, pet therapy, doll terphy e tante altre, il cui obbiettivo è quello di cercare di migliorare la vita di questi pazienti e di chi li assiste. Implicitamente, con la diagnosi di questa malattia, si creano due vittime nascoste. Da una parte la persona malata e dall’altra il famigliare che, faticando ad accettare la diagnosi della malattia, cerca di nasconderla.Ad oggi, Federazione Alzheimer Italia in associazione con Federfarma, hanno unito le forze per ricreare nelle farmacie dei luoghi "amici" di queste persone e delle loro famiglie.
La malattia di Alzheimer: si può curare?
GNOCCHI, ANNALISA
2021/2022
Abstract
La malattia di Alzheimer, rappresenta nell’anziano la forma più comune di demenza.L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, dalla quale non si può guarire. Questa malattia è caratterizzata dall’alterazione delle funzioni corticali, come la memoria, l’apprendimento.Nella maggior parte dei casi lo sviluppo della malattia di Alzheimer avviene in modo casuale ma, nonostante questo, circa il 70% dei casi riscontrati fin ora sono associati a fattori genetici.Infatti, la maggior parte dei casi di Alzheimer a inizio tardivo, derivano da mutazioni nei geni dominanti come: APOE (apolipoproteina E), APP (proteina precursore amiloide), PSEN-1 e PSEN-2 (presenilina-1 e 2).Il graduale declino cognitivo nei soggetti affetti dalla malattia di Alzheimer è associato ad atrofia cerebrale, deposizione ed aggregazione della beta-amiloide, con conseguente sviluppo della placca amiloide e l’iperfosforilazione della proteina Tau.Questi processi sono associati allo sviluppo di stati infiammatori, stress ossidativo e disfunzione mitocondriale.Queste alterazioni cerebrali hanno delle ripercussioni sulle capacità cognitive e di conseguenza, i soggetti affetti da questa malattia, sviluppano disturbi del comportamento.Sono diversi i fattori di rischio che possono portare allo sviluppo della malattia, come ad esempio l’età, lo stile di vita, lo stress o lo sviluppo di altre patologie, ma la cosa fondamentale è far si che la diagnosi sia il più precoce possibile. La diagnosi, ad oggi, si basa sulla clinica, sulla visita del paziente, le interviste ai famigliari e la somministrazione di alcuni test.I soggetti oltre agli esami fisici, da laboratorio (neuroimaging) e, se necessario, psichiatrico, sono sottoposti all’esame delle capacità cognitive, che permette di evidenziare la fase della malattia in cui si trova il paziente.Essendo, la malattia di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa ad oggi non si è ancora in grado né di prevenire né di rallentare la sua evoluzione, tantomeno di guarire i pazienti.Sono stati però approvati dei farmaci che possono agire sia sui disturbi del comportamento (antidepressivi, ansiolitici e antipsicotici) che sui disturbi cognitivi, come gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, enzima deputato alla degradazione dell’acetilcolina (denepezil, rivastigmina, galantamina); la memantina (antagonista non competitivo dei recettori per il glutammato) e gli antiossidanti (farmaci che intervengono nei processi ossidativi che caratterizzano l’invecchiamento).Dopo circa venti anni di fallimenti nella ricerca, la svolta è avvenuta nel 2021, con l’approvazione da parte dell’FDA di un nuovo anticorpo monoclonale, Aducanumab.Di recente approvazione sempre da parte dell’FDA, avvenuta nel gennaio 2023, è Lecanemab.Un altro anticorpo monoclonale approvato per la somministrazione nelle fasi iniziali della malattia.Al fine di cercare di migliorare il più possibile la vita dei pazienti, accanto alle terapie farmacologiche sono state studiate e associate delle terapie non farmacologiche.Le terapie non farmacologiche nelle fasi iniziali della malattia si basano sulla riabilitazione della memoria e sulla terapia della realtà.Con il progredire della malattia i pazienti vengono trattati con terapie basate sul modello Gentlecare, la life review therapy, pet therapy, doll terphy e tante altre, il cui obbiettivo è quello di cercare di migliorare la vita di questi pazienti e di chi li assiste. Implicitamente, con la diagnosi di questa malattia, si creano due vittime nascoste. Da una parte la persona malata e dall’altra il famigliare che, faticando ad accettare la diagnosi della malattia, cerca di nasconderla.Ad oggi, Federazione Alzheimer Italia in associazione con Federfarma, hanno unito le forze per ricreare nelle farmacie dei luoghi "amici" di queste persone e delle loro famiglie.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/15678