La malattia di Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla deposizione di placche amiloidi extracellulari costituite da aggregati di β-amiloide e dalla formazione di grovigli neurofibrillari intracellulari composti da proteina tau iperfosforilata. Si tratta della più comune forma di demenza legata all’invecchiamento e si manifesta sottoforma di sintomi cognitivi che, col progredire della malattia, peggiorano a tal punto da privare completamente il paziente della sua autosufficienza. I dati epidemiologici rivelano che attualmente circa il 75% dei malati AD è donna, e questo rende urgente, sia a livello preclinico che clinico, studiare le differenze di genere nello sviluppo, decorso e cura di questa patologia. A tal proposito, l’obiettivo di questo studio è stato proprio quello di studiare le differenze di genere nel modello murino degli APP/PS1dE9, un modello di malattia ampiamente utilizzato nel nostro laboratorio e nella comunità scientifica che si occupa di AD. L’APP/PS1dE9 è un modello doppio transgenico nel quale la presenza di mutazioni a carico del gene che codifica per la proteina precursore dell’amiloide e la delezione dell’esone 9 sul gene della presenilina 1 favoriscono il taglio abnorme del peptide Aβ, e quindi la deposizione di aggregati dello stesso sottoforma di placche amiloidi. Per questo motivo, le differenze di genere descritte in questo studio rientrano nei processi patologici innescati dalla formazione di aggregati Aβ e non dalla coesistenza della patologia Aβ e tau. Inizialmente, tramite analisi in vivo di MRI è stata effettuata un’osservazione longitudinale dei cambiamenti macroscopici della struttura cerebrale in topi analizzati a 4, 8, 15 e 20 mesi. Dai nostri dati è chiaramente emersa la presenza di un’atrofia più marcata nelle femmine rispetto ai maschi, principalmente a livello di corteccia, striato e, soprattutto, ippocampo. In un secondo momento, sono state effettuate analisi istologiche ex vivo sui tessuti prelevati dagli animali di 20 mesi, specificamente nelle aree che mostravano le differenze di volume più significative; si è valutata la quantità di placche, il grado di neuroinfiammazione (microgliosi e astrocitosi), il danno vascolare e la presenza di neurodegenerazione. Dalle analisi è emerso che: le femmine esibivano un maggior carico di placche in tutte le aree considerate, un’attivazione microgliale e astrocitaria significativamente più marcata e, in corteccia, un danno vascolare del tutto assente nei maschi. A livello ippocampale la microgliosi correlava perfettamente con il grado di astrocitosi, la quale, a sua volta, mostrava una correlazione inversamente proporzionale con il volume di tale area. L’analisi della neurodegenerazione ha restituito, invece, differenze meno evidenti tra i due generi: le femmine mostravano una tendenza alla diminuzione della densità cellulare nel Corno di Ammone ed all’assottigliamento del neuropilo che però, seppur molto lieve, non è stata riscontrata nei maschi. I nostri risultati evidenziano, quindi, la presenza di differenze di genere nel modello APP/PS1 che meritano di essere studiate e approfondite ulteriormente: è fondamentale, in un’ottica traslazionale, comprendere per quali meccanismi la malattia di Alzheimer si manifesti in maniera così diversa nei due sessi, al fine di riuscire a sviluppare terapie con un grado di efficacia che possa colmare queste differenze e portare beneficio a tutti i pazienti in egual misura.

Studio sulle differenze di genere nella malattia di Alzheimer: dalla struttura cerebrale alla neuropatologia

BARATTINI, CLAUDIA
2022/2023

Abstract

La malattia di Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla deposizione di placche amiloidi extracellulari costituite da aggregati di β-amiloide e dalla formazione di grovigli neurofibrillari intracellulari composti da proteina tau iperfosforilata. Si tratta della più comune forma di demenza legata all’invecchiamento e si manifesta sottoforma di sintomi cognitivi che, col progredire della malattia, peggiorano a tal punto da privare completamente il paziente della sua autosufficienza. I dati epidemiologici rivelano che attualmente circa il 75% dei malati AD è donna, e questo rende urgente, sia a livello preclinico che clinico, studiare le differenze di genere nello sviluppo, decorso e cura di questa patologia. A tal proposito, l’obiettivo di questo studio è stato proprio quello di studiare le differenze di genere nel modello murino degli APP/PS1dE9, un modello di malattia ampiamente utilizzato nel nostro laboratorio e nella comunità scientifica che si occupa di AD. L’APP/PS1dE9 è un modello doppio transgenico nel quale la presenza di mutazioni a carico del gene che codifica per la proteina precursore dell’amiloide e la delezione dell’esone 9 sul gene della presenilina 1 favoriscono il taglio abnorme del peptide Aβ, e quindi la deposizione di aggregati dello stesso sottoforma di placche amiloidi. Per questo motivo, le differenze di genere descritte in questo studio rientrano nei processi patologici innescati dalla formazione di aggregati Aβ e non dalla coesistenza della patologia Aβ e tau. Inizialmente, tramite analisi in vivo di MRI è stata effettuata un’osservazione longitudinale dei cambiamenti macroscopici della struttura cerebrale in topi analizzati a 4, 8, 15 e 20 mesi. Dai nostri dati è chiaramente emersa la presenza di un’atrofia più marcata nelle femmine rispetto ai maschi, principalmente a livello di corteccia, striato e, soprattutto, ippocampo. In un secondo momento, sono state effettuate analisi istologiche ex vivo sui tessuti prelevati dagli animali di 20 mesi, specificamente nelle aree che mostravano le differenze di volume più significative; si è valutata la quantità di placche, il grado di neuroinfiammazione (microgliosi e astrocitosi), il danno vascolare e la presenza di neurodegenerazione. Dalle analisi è emerso che: le femmine esibivano un maggior carico di placche in tutte le aree considerate, un’attivazione microgliale e astrocitaria significativamente più marcata e, in corteccia, un danno vascolare del tutto assente nei maschi. A livello ippocampale la microgliosi correlava perfettamente con il grado di astrocitosi, la quale, a sua volta, mostrava una correlazione inversamente proporzionale con il volume di tale area. L’analisi della neurodegenerazione ha restituito, invece, differenze meno evidenti tra i due generi: le femmine mostravano una tendenza alla diminuzione della densità cellulare nel Corno di Ammone ed all’assottigliamento del neuropilo che però, seppur molto lieve, non è stata riscontrata nei maschi. I nostri risultati evidenziano, quindi, la presenza di differenze di genere nel modello APP/PS1 che meritano di essere studiate e approfondite ulteriormente: è fondamentale, in un’ottica traslazionale, comprendere per quali meccanismi la malattia di Alzheimer si manifesti in maniera così diversa nei due sessi, al fine di riuscire a sviluppare terapie con un grado di efficacia che possa colmare queste differenze e portare beneficio a tutti i pazienti in egual misura.
2022
A study on gender differences in Alzheimer’s disease: from brain structure to neuropathology
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
Per maggiori informazioni e per verifiche sull'eventuale disponibilità del file scrivere a: unitesi@unipv.it.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/16970