La natura della presente tesi è estetica e riguarda il concetto di "meccanizzazione", ovvero la presenza di oggetti meccanici all’interno della musica di Maurice Ravel. La sua produzione è da sempre legata all’artificialità; la prima volta che questo termine fece la sua apparizione fu nel 1913, in un articolo del critico musicale Michel-Dimitri Calvocoressi. La questione, appena accennata, verrà ripresa e ampliata nel 1925 da Alexis Roland-Manuel nell’articolo "Maurice Ravel ou l’esthétique de l’imposture". Qui l'artificio viene identificato come trucco magico per ingannare l’ascoltatore. Nel 1962 sull’aspetto artificiale della musica di Maurice Ravel si sofferma ulteriormente Vladimir Jankélévitch nella sua monografia "Ravel": qui ne viene data un’interpretazione diversa, sostituendo il termine «impostura» con quello di «scommessa». Secondo il filosofo l’amore di Ravel per l’artificio è unito al suo gusto per la sfida, con la conseguente risoluzione dei problemi e il loro superamento per il raggiungimento della bellezza. Recenti studi utilizzano la prospettiva di Jankélévitch come base di partenza per l'identificazione di alcuni 'automatismi musicali' nella produzione del compositore. Se ne occupano in particolare Deborah Mawer nella monografia da lei curata "The Cambridge Companion to Ravel" (2000), Peter Kaminsky, il quale cura "Unmasking Ravel: New Perspectives on the Music" (2013) e Jessie Fillerup in "Magician of sound: Ravel and the Aesthetics of Illusion" (2021).
L'estetica della meccanizzazione in Maurice Ravel
MIGLIETTI, LETIZIA
2022/2023
Abstract
La natura della presente tesi è estetica e riguarda il concetto di "meccanizzazione", ovvero la presenza di oggetti meccanici all’interno della musica di Maurice Ravel. La sua produzione è da sempre legata all’artificialità; la prima volta che questo termine fece la sua apparizione fu nel 1913, in un articolo del critico musicale Michel-Dimitri Calvocoressi. La questione, appena accennata, verrà ripresa e ampliata nel 1925 da Alexis Roland-Manuel nell’articolo "Maurice Ravel ou l’esthétique de l’imposture". Qui l'artificio viene identificato come trucco magico per ingannare l’ascoltatore. Nel 1962 sull’aspetto artificiale della musica di Maurice Ravel si sofferma ulteriormente Vladimir Jankélévitch nella sua monografia "Ravel": qui ne viene data un’interpretazione diversa, sostituendo il termine «impostura» con quello di «scommessa». Secondo il filosofo l’amore di Ravel per l’artificio è unito al suo gusto per la sfida, con la conseguente risoluzione dei problemi e il loro superamento per il raggiungimento della bellezza. Recenti studi utilizzano la prospettiva di Jankélévitch come base di partenza per l'identificazione di alcuni 'automatismi musicali' nella produzione del compositore. Se ne occupano in particolare Deborah Mawer nella monografia da lei curata "The Cambridge Companion to Ravel" (2000), Peter Kaminsky, il quale cura "Unmasking Ravel: New Perspectives on the Music" (2013) e Jessie Fillerup in "Magician of sound: Ravel and the Aesthetics of Illusion" (2021).È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/17413