L'Epatite C cronica è una patologia virale che colpisce dai 130 ai 150 milioni di persone nel mondo, causando la morte di 700.000 individui ogni anno. Il virus HCV fu individuato per la prima volta nel 1989 come agente eziologico dell'epatite "non-A" e "non-B", definita successivamente "Epatite C"; esso è presente in 7 genotipi, distinti per aggressività ed epidemiologia. Le vie di trasmissione di HCV sono molteplici: trasfusioni di sangue infetto, condivisione di aghi, contatto sessuale non protetto e trasmissione materna. Il virus infetta prevalentemente gli epatociti evadendo la risposta immunitaria adattativa, ha un periodo di incubazione di 2-12 settimane a cui segue una fase acuta spesso non diagnosticata, sintomatica o asintomatica. Successivamente l'infezione può o essere risolta mediante l'attività delle risposte immunitarie specifiche, o cronicizzare portando il paziente a cirrosi, tumore o insufficienza epatica. Inizialmente il trattamento prevedeva l’impiego di farmaci aspecifici che miravano al potenziamento del sistema immunitario (interferoni per via sottocutanea) oppure che funzionavano come inibitori della replicazione dell’RNA virale di HCV (ribavirina per via orale); queste due tipologie di farmaci avevano ciascuna effetti collaterali importanti, pertanto la ricerca si è concentrata sullo studio del virus, in particolare del genoma, delle proteine e del ciclo vitale, per individuare nuovi target farmacologici e sviluppare farmaci innovativi con diversi obiettivi: svincolare la terapia dall'interferone, sintetizzare un inibitore pan-genotipico, rendere la somministrazione per via orale più agevole mediante l'uso di un'unica compressa contenente un’associazione di farmaci, migliorare i livelli di risposta virologica sostenuta (SVR, ovvero la negativizzazione di HCV-RNA durante la cura, mantenuta a fine terapia e nei 6-12 mesi dopo la sospensione della terapia), ridurre la durata del trattamento farmacologico, rendere le cure accessibili ed efficaci anche a pazienti in stato di cirrosi epatica oppure già trattati in precedenza. A partire dal 2011, la caratterizzazione di tre proteine virali ha consentito lo sviluppo degli agenti antivirali diretti (DAAs) divisi in tre categorie: inibitori della proteasi NS3/4A, inibitori della proteina NS5A e inibitori della polimerasi NS5B, ciascuna con diverso meccanismo d'azione. Tutti i nuovi farmaci hanno somministrazione orale, e in alcuni casi si è ottenuta l’attività pan-genotipica; la specificità dei nuovi farmaci consente una riduzione della gravità degli effetti collaterali rispetto ai farmaci storici, unitamente alla riduzione della durata del trattamento che varia tra le 8 e le 24 settimane e a un potenziamento della SVR. Il futuro prevede, oltre allo sviluppo di altre molecole delle tre classi sopracitate, anche la ricerca di inibitori delle proteine virali NS4B, E1, E2 e p7, e la messa a punto di farmaci immunostimolanti inediti. La sfida riguarda essenzialmente la personalizzazione della terapia in particolare per pazienti aventi funzionalità renale ed epatica compromessa; in secondo luogo è necessario il superamento della resistenza ai nuovi farmaci dettato dalla presenza di polimorfismi delle proteine virali tra i diversi genotipi; l’eradicazione del virus HCV potrebbe essere agevolata dalla precocità e aumento della frequenza della diagnosi, insieme alla possibilità dello sviluppo di un vaccino: ciò è auspicabile non solo da un punto di vista sanitario ma anche da un punto di vista farmacoeconomico. L’elevato costo del trattamento ha infatti reso necessaria la pubblicazione periodica, da parte di AIFA, di una lista di criteri che determinano l’eleggibilità del paziente al trattamento sulla base della gravità della patologia, aprendo anche un dibattito di natura etica.
Evoluzione terapeutica nel trattamento dell'Epatite C cronica
FEDERICO ANDREOLI, DENISE
2016/2017
Abstract
L'Epatite C cronica è una patologia virale che colpisce dai 130 ai 150 milioni di persone nel mondo, causando la morte di 700.000 individui ogni anno. Il virus HCV fu individuato per la prima volta nel 1989 come agente eziologico dell'epatite "non-A" e "non-B", definita successivamente "Epatite C"; esso è presente in 7 genotipi, distinti per aggressività ed epidemiologia. Le vie di trasmissione di HCV sono molteplici: trasfusioni di sangue infetto, condivisione di aghi, contatto sessuale non protetto e trasmissione materna. Il virus infetta prevalentemente gli epatociti evadendo la risposta immunitaria adattativa, ha un periodo di incubazione di 2-12 settimane a cui segue una fase acuta spesso non diagnosticata, sintomatica o asintomatica. Successivamente l'infezione può o essere risolta mediante l'attività delle risposte immunitarie specifiche, o cronicizzare portando il paziente a cirrosi, tumore o insufficienza epatica. Inizialmente il trattamento prevedeva l’impiego di farmaci aspecifici che miravano al potenziamento del sistema immunitario (interferoni per via sottocutanea) oppure che funzionavano come inibitori della replicazione dell’RNA virale di HCV (ribavirina per via orale); queste due tipologie di farmaci avevano ciascuna effetti collaterali importanti, pertanto la ricerca si è concentrata sullo studio del virus, in particolare del genoma, delle proteine e del ciclo vitale, per individuare nuovi target farmacologici e sviluppare farmaci innovativi con diversi obiettivi: svincolare la terapia dall'interferone, sintetizzare un inibitore pan-genotipico, rendere la somministrazione per via orale più agevole mediante l'uso di un'unica compressa contenente un’associazione di farmaci, migliorare i livelli di risposta virologica sostenuta (SVR, ovvero la negativizzazione di HCV-RNA durante la cura, mantenuta a fine terapia e nei 6-12 mesi dopo la sospensione della terapia), ridurre la durata del trattamento farmacologico, rendere le cure accessibili ed efficaci anche a pazienti in stato di cirrosi epatica oppure già trattati in precedenza. A partire dal 2011, la caratterizzazione di tre proteine virali ha consentito lo sviluppo degli agenti antivirali diretti (DAAs) divisi in tre categorie: inibitori della proteasi NS3/4A, inibitori della proteina NS5A e inibitori della polimerasi NS5B, ciascuna con diverso meccanismo d'azione. Tutti i nuovi farmaci hanno somministrazione orale, e in alcuni casi si è ottenuta l’attività pan-genotipica; la specificità dei nuovi farmaci consente una riduzione della gravità degli effetti collaterali rispetto ai farmaci storici, unitamente alla riduzione della durata del trattamento che varia tra le 8 e le 24 settimane e a un potenziamento della SVR. Il futuro prevede, oltre allo sviluppo di altre molecole delle tre classi sopracitate, anche la ricerca di inibitori delle proteine virali NS4B, E1, E2 e p7, e la messa a punto di farmaci immunostimolanti inediti. La sfida riguarda essenzialmente la personalizzazione della terapia in particolare per pazienti aventi funzionalità renale ed epatica compromessa; in secondo luogo è necessario il superamento della resistenza ai nuovi farmaci dettato dalla presenza di polimorfismi delle proteine virali tra i diversi genotipi; l’eradicazione del virus HCV potrebbe essere agevolata dalla precocità e aumento della frequenza della diagnosi, insieme alla possibilità dello sviluppo di un vaccino: ciò è auspicabile non solo da un punto di vista sanitario ma anche da un punto di vista farmacoeconomico. L’elevato costo del trattamento ha infatti reso necessaria la pubblicazione periodica, da parte di AIFA, di una lista di criteri che determinano l’eleggibilità del paziente al trattamento sulla base della gravità della patologia, aprendo anche un dibattito di natura etica.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/19089