In tutto il mondo, la sopravvivenza con buon esito neurologico a seguito di arresto cardiocircolatorio (AC) rimane scarsa. Le maggiori probabilità di sopravvivenza vengono registrate in pazienti che presentano caratteristiche favorevoli quali arresto testimoniato, ritmo defribillabile, CPR di buona qualità, management della temperatura corporea post arresto e riperfusione coronarica precoce. Tuttavia il principale fattore di sopravvivenza correlato a RCP è il precoce ritorno alla circolazione spontanea (ROSC). In quei pazienti in cui non si instaura un ROSC entro un intervallo compreso tra i 10 e i 30 minuti dall'AC, ovvero in caso di ROSC intermittenti con ripetuti arresti circolatori, si parla di arresto cardiaco refrattario. In base agli studi osservazionali finora pubblicati, l’ultimo aggiornamento delle linee guida dello European Resuscitation Council4 riportano come la ECPR (extracorporeal cardiopulmonary resuscitation) possa essere considerata come trattamento dell’arresto cardiaco refrattario. La sostituzione di un circolo spontaneo con un device extracorporeo rappresenta infatti un approccio sempre più affidabile ed attuabile grazie alle tecnologie sempre più avanzate, devices sempre meno ingombranti e materiali maggiormente biocompatibili. La rigida selezione dei pazienti, insieme al timing di impianto del circuito, reppresentano fattori determinanti sull'outcome del paziente, così come la durata e la qualità del supporto il quale deve essere gestito da un team competente ed adeguatamente addestrato. L’utilizzo di un supporto ECMO veno-arterioso (vaECMO) durante la rianimazione cardiopolmonare (ECPR) può effettivamente migliorare l’esito dei pazienti colpiti da arresto cardiaco. Due studi osservazionali 1,2 indipendenti hanno dimostrato come la sopravvivenza con buon esito neurologico sia più che raddoppiata quando viene utilizzata la ECPR rispetto alla rianimazione cardiopolmonare convenzionale: i due studi hanno riportato rispettivamente un aumento della sopravvivenza dal 10% al 23% e dal 5% al 23%. Da una metanalisi basata su 8 studi osservazionali3 emerge come un buon esito neurologico, misurato ad un anno dall’evento, sia più che triplicato quando si utilizza la ECPR rispetto alla rianimazione convenzionale. D’altra parte, è già stato ampiamente chiarito che il danno da riperfusione cerebrale può portare a disfunzione microvascolare ed endoteliale, causando necrosi cellulare e apoptosi5,6. Tra i fattori che possono ricoprire un ruolo importante in questo fenomeno troviamo la velocità di riduzione della PaCo2 e di incremento della PaO2 subito dopo l’arresto cardiaco. Nei bambini, ad esempio, è dimostrato come la variazione tra l’ultima PaCO2 misurata prima dell’avvio della circolazione extracorporea e quella misurata subito dopo l’avvio dell’ECMO sia un significativo predittore di mortalità se superiore a 25mmHg7; analogamente, Kredel et al. hanno dimostrato come la rapida diminuzione della PaCo2 in corso di ECMO veno-venoso porti ad una significativa riduzione dell’ossigenazione cerebrale 8. Nonostante la ECPR venga sempre più utilizzata, in accordo con le Linee Guida europee, non è tutt’ora noto come ottimizzare le impostazioni dell’ECMO al fine di minimizzare il danno cerebrale da ischemia-riperfusione. Obiettivo finale di questo studio osservazionale multicentrico, diretto dall'Unità di Rianimazione dell'IRCCS San Matteo di Pavia e coinvolgente altri sei centri in Europa, è quello di riuscire a comprendere quali variabili controllabili con ECMO nelle prime 3 ore dall’impianto siano in grado di ridurre il danno cerebrale da ischemia-riperfusione migliorando così l’esito neurologico dei pazienti sottoposti a questo trattamento.
ANALISI PRELIMINARE DELLO STUDIO OSSERVAZIONALE MULTICENTRICO PER LA VALUTAZIONE DELLE MIGLIORI IMPOSTAZIONI ECMO DURANTE LE PRIME ORE DI RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE CON SUPPORTO EXTRACORPOREO
GIORDANO, CHIARA
2017/2018
Abstract
In tutto il mondo, la sopravvivenza con buon esito neurologico a seguito di arresto cardiocircolatorio (AC) rimane scarsa. Le maggiori probabilità di sopravvivenza vengono registrate in pazienti che presentano caratteristiche favorevoli quali arresto testimoniato, ritmo defribillabile, CPR di buona qualità, management della temperatura corporea post arresto e riperfusione coronarica precoce. Tuttavia il principale fattore di sopravvivenza correlato a RCP è il precoce ritorno alla circolazione spontanea (ROSC). In quei pazienti in cui non si instaura un ROSC entro un intervallo compreso tra i 10 e i 30 minuti dall'AC, ovvero in caso di ROSC intermittenti con ripetuti arresti circolatori, si parla di arresto cardiaco refrattario. In base agli studi osservazionali finora pubblicati, l’ultimo aggiornamento delle linee guida dello European Resuscitation Council4 riportano come la ECPR (extracorporeal cardiopulmonary resuscitation) possa essere considerata come trattamento dell’arresto cardiaco refrattario. La sostituzione di un circolo spontaneo con un device extracorporeo rappresenta infatti un approccio sempre più affidabile ed attuabile grazie alle tecnologie sempre più avanzate, devices sempre meno ingombranti e materiali maggiormente biocompatibili. La rigida selezione dei pazienti, insieme al timing di impianto del circuito, reppresentano fattori determinanti sull'outcome del paziente, così come la durata e la qualità del supporto il quale deve essere gestito da un team competente ed adeguatamente addestrato. L’utilizzo di un supporto ECMO veno-arterioso (vaECMO) durante la rianimazione cardiopolmonare (ECPR) può effettivamente migliorare l’esito dei pazienti colpiti da arresto cardiaco. Due studi osservazionali 1,2 indipendenti hanno dimostrato come la sopravvivenza con buon esito neurologico sia più che raddoppiata quando viene utilizzata la ECPR rispetto alla rianimazione cardiopolmonare convenzionale: i due studi hanno riportato rispettivamente un aumento della sopravvivenza dal 10% al 23% e dal 5% al 23%. Da una metanalisi basata su 8 studi osservazionali3 emerge come un buon esito neurologico, misurato ad un anno dall’evento, sia più che triplicato quando si utilizza la ECPR rispetto alla rianimazione convenzionale. D’altra parte, è già stato ampiamente chiarito che il danno da riperfusione cerebrale può portare a disfunzione microvascolare ed endoteliale, causando necrosi cellulare e apoptosi5,6. Tra i fattori che possono ricoprire un ruolo importante in questo fenomeno troviamo la velocità di riduzione della PaCo2 e di incremento della PaO2 subito dopo l’arresto cardiaco. Nei bambini, ad esempio, è dimostrato come la variazione tra l’ultima PaCO2 misurata prima dell’avvio della circolazione extracorporea e quella misurata subito dopo l’avvio dell’ECMO sia un significativo predittore di mortalità se superiore a 25mmHg7; analogamente, Kredel et al. hanno dimostrato come la rapida diminuzione della PaCo2 in corso di ECMO veno-venoso porti ad una significativa riduzione dell’ossigenazione cerebrale 8. Nonostante la ECPR venga sempre più utilizzata, in accordo con le Linee Guida europee, non è tutt’ora noto come ottimizzare le impostazioni dell’ECMO al fine di minimizzare il danno cerebrale da ischemia-riperfusione. Obiettivo finale di questo studio osservazionale multicentrico, diretto dall'Unità di Rianimazione dell'IRCCS San Matteo di Pavia e coinvolgente altri sei centri in Europa, è quello di riuscire a comprendere quali variabili controllabili con ECMO nelle prime 3 ore dall’impianto siano in grado di ridurre il danno cerebrale da ischemia-riperfusione migliorando così l’esito neurologico dei pazienti sottoposti a questo trattamento.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/21438