Attualmente la popolazione mondiale sta invecchiando e, nonostante le scoperte nell’ambito medico abbiano contribuito a un miglioramento della salute e dell’aspettativa di vita, sta aumentando il numero di soggetti affetti da malattie non trasmissibili, tra cui la demenza. La malattia di Alzheimer (AD) è la più comune forma di demenza e, ad oggi, colpisce 46.8 milioni di persone al mondo. È una patologia legata all’età, multifattoriale e neurodegenerativa, caratterizzata in prima istanza dal deterioramento progressivo delle funzioni cognitive con la conseguente riduzione della memoria e la perdita della capacità di linguaggio, di orientamento e di pensiero astratto e associata all’incapacità di svolgere le attività quotidiane e al cambiamento di personalità. Con il progredire della patologia emergono anche altri problemi: la dipendenza, la disabilità e, infine, la morte, che spesso sopraggiunge a causa di infezioni, embolia polmonare, malnutrizione e malattie cardiache. Purtroppo, ad oggi non sono disponibili terapie in grado di arrestare il processo degenerativo che caratterizza la malattia; peraltro non è ancora possibile effettuare la diagnosi certa di AD quando il paziente è ancora in vita, ma solo con un esame post mortem. Un approccio promettente per individuare nuovi biomarcatori, che permettano una diagnosi sempre più accurata e precoce, il monitoraggio della progressione della patologia e l’identificazione di nuovi target terapeutici, è la metabolomica. Recenti evidenze sperimentali hanno suggerito che alterazioni nei processi metabolici e biochimici descritti nei cervelli di pazienti con AD sono riscontrabili anche in cellule periferiche, per esempio in fibroblasti della pelle: pazienti con AD mostrano disfunzione mitocondriale sia a livello del SNC che della periferia. L’AD, tradizionalmente considerata in primo luogo una malattia neurodegenerativa, presenta anche alterazioni periferiche, in particolare a livello del muscolo scheletrico. L’obbiettivo del presente lavoro di tesi è quello di documentare la potenziale presenza di alterazioni del metabolismo energetico periferico in soggetti con AD, mediante valutazione, nel sangue venoso periferico, sia delle concentrazioni di lattato e piruvato, sia delle concentrazioni di corpi chetonici (acetoacetato e β-idrossibutirrato). Le potenziali alterazioni biochimiche periferiche potrebbero riflettere/correlarsi con le alterazioni energetiche cerebrali ed eventualmente con il tempo di diagnosi della patologia.

Malattia di Alzheimer: studio del metabolismo periferico in pazienti non ospedalizzati

SIMETI, ELENA
2017/2018

Abstract

Attualmente la popolazione mondiale sta invecchiando e, nonostante le scoperte nell’ambito medico abbiano contribuito a un miglioramento della salute e dell’aspettativa di vita, sta aumentando il numero di soggetti affetti da malattie non trasmissibili, tra cui la demenza. La malattia di Alzheimer (AD) è la più comune forma di demenza e, ad oggi, colpisce 46.8 milioni di persone al mondo. È una patologia legata all’età, multifattoriale e neurodegenerativa, caratterizzata in prima istanza dal deterioramento progressivo delle funzioni cognitive con la conseguente riduzione della memoria e la perdita della capacità di linguaggio, di orientamento e di pensiero astratto e associata all’incapacità di svolgere le attività quotidiane e al cambiamento di personalità. Con il progredire della patologia emergono anche altri problemi: la dipendenza, la disabilità e, infine, la morte, che spesso sopraggiunge a causa di infezioni, embolia polmonare, malnutrizione e malattie cardiache. Purtroppo, ad oggi non sono disponibili terapie in grado di arrestare il processo degenerativo che caratterizza la malattia; peraltro non è ancora possibile effettuare la diagnosi certa di AD quando il paziente è ancora in vita, ma solo con un esame post mortem. Un approccio promettente per individuare nuovi biomarcatori, che permettano una diagnosi sempre più accurata e precoce, il monitoraggio della progressione della patologia e l’identificazione di nuovi target terapeutici, è la metabolomica. Recenti evidenze sperimentali hanno suggerito che alterazioni nei processi metabolici e biochimici descritti nei cervelli di pazienti con AD sono riscontrabili anche in cellule periferiche, per esempio in fibroblasti della pelle: pazienti con AD mostrano disfunzione mitocondriale sia a livello del SNC che della periferia. L’AD, tradizionalmente considerata in primo luogo una malattia neurodegenerativa, presenta anche alterazioni periferiche, in particolare a livello del muscolo scheletrico. L’obbiettivo del presente lavoro di tesi è quello di documentare la potenziale presenza di alterazioni del metabolismo energetico periferico in soggetti con AD, mediante valutazione, nel sangue venoso periferico, sia delle concentrazioni di lattato e piruvato, sia delle concentrazioni di corpi chetonici (acetoacetato e β-idrossibutirrato). Le potenziali alterazioni biochimiche periferiche potrebbero riflettere/correlarsi con le alterazioni energetiche cerebrali ed eventualmente con il tempo di diagnosi della patologia.
2017
Alzheimer's disease: study of peripheral metabolism in community-dwelling AD subjects
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/26020