In seguito alla third wave of democratization, più nello specifico a partire dai primi anni Duemila, hanno iniziato a essere rilevati alcuni dati preoccupanti riguardanti il livello di democrazia nel mondo. Nel corso di questi anni, infatti, il numero di paesi investiti da processi di autocratizzazione è arrivato a superare il numero di quelli che si stanno democratizzando e le stesse democrazie liberali non sembrano essere immuni dal processo di erosione democratica. Quanto alle modalità con cui esso si verifica, gli studiosi hanno osservato come non avvenga più in modo brusco e repentino, ma attraverso delle fasi più lente e graduali che possono essere sintetizzate nel termine democratic backsliding. Quest’ultimo può essere generalmente definito come un fenomeno provocato dall’erosione delle caratteristiche tipiche delle democrazie per mezzo di azioni e politiche perseguite dai rappresentanti eletti. Nello specifico, questo elaborato si pone l’obiettivo di analizzare i processi di arretramento democratico che coinvolgono Ungheria e Turchia, in seguito al consolidamento al potere dei rispettivi partiti, Fidesz e del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), e che hanno causato la trasformazione dei due paesi in regimi ibridi. Sebbene fra le diverse cause possano essere individuate delle radici storiche, è possibile affermare senza alcun dubbio che, in entrambi i paesi, il processo si è avviato per mano delle politiche autoritarie e dei valori illiberali perseguiti da Viktor Orbán e Recep Tayyip Erdoğan. Quest’ultimi, parallelamente, attraverso strumenti diversi, hanno indebolito i rispettivi bilanciamenti al potere esecutivo, principalmente attaccando i due sistemi di accountability orizzontali e diagonali, i quali possono essere identificati nel sistema giudiziario e nella sfera dei media e della società civile. In Ungheria questo è avvenuto attraverso la maggioranza assoluta che Fidesz ha conseguito nel 2010, anche a causa delle incapacità della classe dirigente precedente, e che in seguito ha mantenuto grazie a un rimodellamento del sistema elettorale realizzato per avvantaggiare la rielezione del partito in carica. Sempre grazie alla maggioranza, Fidesz ha portato all’approvazione di una nuova Costituzione, la Nuova Legge Fondamentale, la quale ha portato a un aumento dei poteri dell’esecutivo e che ha simboleggiato il primo passo del partito nella trasformazione del paese in un regime illiberale. In Turchia, al contempo, lo stesso risultato è stato ottenuto attraverso dei referendum costituzionali. L’AKP, infatti, non essendo dotato della maggioranza necessaria per l’approvazione di emendamenti, ha ripetutamente utilizzato lo strumento dei referendum per una ristrutturazione graduale dell’intero assetto istituzionale. Ciò è avvenuto dapprima con l’istituzione di un regime semipresidenziale, approvato nel 2007 e in vigore dal 2014, e successivamente con l’introduzione di un presidenzialismo esecutivo, approvato nel 2017 e in atto dal 2018. Come già menzionato, questi processi si sono svolti in modo graduale; tuttavia, è possibile riscontrare in entrambe le trasformazioni una velocizzazione che è stata favorita dai poteri eccezionali trasferiti a Fidesz e all’AKP nei periodi di emergenza. In Ungheria dapprima durante l’emergenza pandemica nel 2020 e successivamente in seguito all’invasione dell’Ucraina nel 2022, in Turchia in particolare a seguito del tentativo di colpo di stato del 2016. Queste condizioni di emergenza hanno sostanzialmente sospeso l’attività di controllo parlamentare e quella di revisione della Corte costituzionale, permettendo ai due partiti di imporre limitazioni ai diritti civili e politici delle loro popolazioni, peggiorando inevitabilmente ed ulteriormente gli indicatori democratici dei due paesi.
Democrazia sotto attacco: origini e cause dei processi di democratic backsliding in Ungheria e Turchia
MARINI, ILARIA
2022/2023
Abstract
In seguito alla third wave of democratization, più nello specifico a partire dai primi anni Duemila, hanno iniziato a essere rilevati alcuni dati preoccupanti riguardanti il livello di democrazia nel mondo. Nel corso di questi anni, infatti, il numero di paesi investiti da processi di autocratizzazione è arrivato a superare il numero di quelli che si stanno democratizzando e le stesse democrazie liberali non sembrano essere immuni dal processo di erosione democratica. Quanto alle modalità con cui esso si verifica, gli studiosi hanno osservato come non avvenga più in modo brusco e repentino, ma attraverso delle fasi più lente e graduali che possono essere sintetizzate nel termine democratic backsliding. Quest’ultimo può essere generalmente definito come un fenomeno provocato dall’erosione delle caratteristiche tipiche delle democrazie per mezzo di azioni e politiche perseguite dai rappresentanti eletti. Nello specifico, questo elaborato si pone l’obiettivo di analizzare i processi di arretramento democratico che coinvolgono Ungheria e Turchia, in seguito al consolidamento al potere dei rispettivi partiti, Fidesz e del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), e che hanno causato la trasformazione dei due paesi in regimi ibridi. Sebbene fra le diverse cause possano essere individuate delle radici storiche, è possibile affermare senza alcun dubbio che, in entrambi i paesi, il processo si è avviato per mano delle politiche autoritarie e dei valori illiberali perseguiti da Viktor Orbán e Recep Tayyip Erdoğan. Quest’ultimi, parallelamente, attraverso strumenti diversi, hanno indebolito i rispettivi bilanciamenti al potere esecutivo, principalmente attaccando i due sistemi di accountability orizzontali e diagonali, i quali possono essere identificati nel sistema giudiziario e nella sfera dei media e della società civile. In Ungheria questo è avvenuto attraverso la maggioranza assoluta che Fidesz ha conseguito nel 2010, anche a causa delle incapacità della classe dirigente precedente, e che in seguito ha mantenuto grazie a un rimodellamento del sistema elettorale realizzato per avvantaggiare la rielezione del partito in carica. Sempre grazie alla maggioranza, Fidesz ha portato all’approvazione di una nuova Costituzione, la Nuova Legge Fondamentale, la quale ha portato a un aumento dei poteri dell’esecutivo e che ha simboleggiato il primo passo del partito nella trasformazione del paese in un regime illiberale. In Turchia, al contempo, lo stesso risultato è stato ottenuto attraverso dei referendum costituzionali. L’AKP, infatti, non essendo dotato della maggioranza necessaria per l’approvazione di emendamenti, ha ripetutamente utilizzato lo strumento dei referendum per una ristrutturazione graduale dell’intero assetto istituzionale. Ciò è avvenuto dapprima con l’istituzione di un regime semipresidenziale, approvato nel 2007 e in vigore dal 2014, e successivamente con l’introduzione di un presidenzialismo esecutivo, approvato nel 2017 e in atto dal 2018. Come già menzionato, questi processi si sono svolti in modo graduale; tuttavia, è possibile riscontrare in entrambe le trasformazioni una velocizzazione che è stata favorita dai poteri eccezionali trasferiti a Fidesz e all’AKP nei periodi di emergenza. In Ungheria dapprima durante l’emergenza pandemica nel 2020 e successivamente in seguito all’invasione dell’Ucraina nel 2022, in Turchia in particolare a seguito del tentativo di colpo di stato del 2016. Queste condizioni di emergenza hanno sostanzialmente sospeso l’attività di controllo parlamentare e quella di revisione della Corte costituzionale, permettendo ai due partiti di imporre limitazioni ai diritti civili e politici delle loro popolazioni, peggiorando inevitabilmente ed ulteriormente gli indicatori democratici dei due paesi.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
Per maggiori informazioni e per verifiche sull'eventuale disponibilità del file scrivere a: unitesi@unipv.it.
https://hdl.handle.net/20.500.14239/3750