Nel corso degli ultimi 10 anni sono fallite più di 114.000 imprese in Italia. Da quanto emerge dagli studi di settore, seppur l’andamento si presenti positivo, solo negli ultimi 12 mesi 5.711 imprese sono giunte alla completa distruzione del loro patrimonio sociale arrecando un incommensurabile danno sia a chi vi opera direttamente sia a tutti gli attori economici e sociali che le circondano. La previsione sul futuro andamento della curva dei fallimenti è fortemente negativa a causa della profonda crisi dei consumi legata alla diffusione della pandemia COVID-19. Nel complesso, lo scenario all’interno del quale le imprese si trovano ad operare è sempre più dinamico e articolato, tra le svariate ragioni si può trovare l’intensificarsi del fenomeno della globalizzazione intensificatosi nel corso degli ultimi vent’anni. Lo studio della dinamica degenerativa della crisi porta a concludere che una volta iniziato il processo di perdita del valore aziendale, se l’organo apicale non interviene prontamente, il passare del tempo diventa inversamente proporzionale alle possibilità di riacquisizione del valore. Un forte freno al pronto intervento sanatorio è radicato nell’attitudine, diffusa nel tessuto imprenditoriale italiano, di procrastinare i problemi aziendali. L’obiettivo dell’elaborato è determinare la capacità degli indici di bilancio di prevedere il sopraggiungere della crisi di impresa per poter fornire a quest’ultima un adeguato strumento di salvataggio dalla distruzione del valore. Per perseguire lo scopo vengono analizzati cinque importanti modelli di analisi previsionale dell’insolvenza: l’analisi univariata di Beaver, lo Z-Score di Altman, il Z’’-Score di Bottani, Cipriani e Serao, l’M-Score di Mella, Colombo e Navaroni e l’approccio ad albero adottato dalla normativa italiana. I risultati ottenuti dall’analisi portano a concludere che gli indicatori di bilancio sono, ad oggi, lo strumento più utilizzabile, per semplicità ed efficacia, nella valutazione del rischio di insolvenza delle imprese, tuttavia, si precisa che non ogni forma di analisi fondata su di essi può essere considerata valevole. Infatti, un’analisi basata sulla mera valutazione di un isolato indicatore di bilancio risulta incapace di cogliere il quadro di insieme dell’andamento aziendale. Forme di analisi più atte allo scopo si basano sull’utilizzo, simultaneo e congiunto, di diversi indicatori, adottando un’ottica, almeno in parte, prospettica a discapito di una puramente retrospettiva. Il punto di svolta della qualità dei risultati delle analisi previsionali è sito nel soddisfacimento di requisiti di forma, di metodo e di sostanza. Ricerche future potrebbero spostare l’attenzione su sistemi di analisi basati sull’utilizzo di modelli quali reti neurali o algoritmi genetici, perfezionati dall’integrazione con i big data.
La capacità degli indici di bilancio di predire la crisi d’impresa. Disamina del nuovo codice della crisi d’impresa, dei suoi punti di debolezza e delle alternative proposte dal mondo professionale ed accademico.
OLIVERI, LORENZO
2019/2020
Abstract
Nel corso degli ultimi 10 anni sono fallite più di 114.000 imprese in Italia. Da quanto emerge dagli studi di settore, seppur l’andamento si presenti positivo, solo negli ultimi 12 mesi 5.711 imprese sono giunte alla completa distruzione del loro patrimonio sociale arrecando un incommensurabile danno sia a chi vi opera direttamente sia a tutti gli attori economici e sociali che le circondano. La previsione sul futuro andamento della curva dei fallimenti è fortemente negativa a causa della profonda crisi dei consumi legata alla diffusione della pandemia COVID-19. Nel complesso, lo scenario all’interno del quale le imprese si trovano ad operare è sempre più dinamico e articolato, tra le svariate ragioni si può trovare l’intensificarsi del fenomeno della globalizzazione intensificatosi nel corso degli ultimi vent’anni. Lo studio della dinamica degenerativa della crisi porta a concludere che una volta iniziato il processo di perdita del valore aziendale, se l’organo apicale non interviene prontamente, il passare del tempo diventa inversamente proporzionale alle possibilità di riacquisizione del valore. Un forte freno al pronto intervento sanatorio è radicato nell’attitudine, diffusa nel tessuto imprenditoriale italiano, di procrastinare i problemi aziendali. L’obiettivo dell’elaborato è determinare la capacità degli indici di bilancio di prevedere il sopraggiungere della crisi di impresa per poter fornire a quest’ultima un adeguato strumento di salvataggio dalla distruzione del valore. Per perseguire lo scopo vengono analizzati cinque importanti modelli di analisi previsionale dell’insolvenza: l’analisi univariata di Beaver, lo Z-Score di Altman, il Z’’-Score di Bottani, Cipriani e Serao, l’M-Score di Mella, Colombo e Navaroni e l’approccio ad albero adottato dalla normativa italiana. I risultati ottenuti dall’analisi portano a concludere che gli indicatori di bilancio sono, ad oggi, lo strumento più utilizzabile, per semplicità ed efficacia, nella valutazione del rischio di insolvenza delle imprese, tuttavia, si precisa che non ogni forma di analisi fondata su di essi può essere considerata valevole. Infatti, un’analisi basata sulla mera valutazione di un isolato indicatore di bilancio risulta incapace di cogliere il quadro di insieme dell’andamento aziendale. Forme di analisi più atte allo scopo si basano sull’utilizzo, simultaneo e congiunto, di diversi indicatori, adottando un’ottica, almeno in parte, prospettica a discapito di una puramente retrospettiva. Il punto di svolta della qualità dei risultati delle analisi previsionali è sito nel soddisfacimento di requisiti di forma, di metodo e di sostanza. Ricerche future potrebbero spostare l’attenzione su sistemi di analisi basati sull’utilizzo di modelli quali reti neurali o algoritmi genetici, perfezionati dall’integrazione con i big data.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/408