"Voi non mollate mai questo poeta, così continuerà sempre a mettere in commedia ciò che è giusto"; così il coro si rivolge agli spettatori nella parabasi di "Acarnesi", la prima commedia a noi giunta di Aristofane. Il giovane autore si presenta esplicitamente come unico paladino della giustizia in una città in cui essa subisce quotidianamente distorsioni e negazioni; il problema della giustizia, intesa tanto come amministrazione della giustizia in tribunale, quanto come valore di portata generale, è un leit-motiv della commedia aristofanea lungo tutta la sua quarantennale estensione, e i termini che ne esprimono i vari aspetti la famiglia del termine-base δίκη ritornano come parole chiave nei momenti di maggiore densità concettuale politica e meteatrale. Il mio lavoro si concentra su questi termini e trova il suo fondamento in una ricognizione dei luoghi e dei contesti in cui essi sono impiegati da Aristofane, con attenzione alle sfumature dei loro significati e all'importanza da essi ricoperta nella costruzione del messaggio politico aristofaneo. Nell'impossibilità di commentare tutti i passi interessati, ho scelto non di seguire la vicenda di una singola parola o di un singolo tema, ma di circoscrivere il lavoro a tre commedie, analizzando, per ciascuna di queste, tutti i passi rilevanti. La scelta non poteva essere che in parte idiosincrasica, e così è stato; ma si è cercato di selezionare testi in cui costruire un percorso del genere fosse insieme possibile (si sono dunque escluse "Nuvole" e "Vespe", le due commedie in cui il tema giudiziario è trattato più direttamente, dunque molto più estesamente, ed è peraltro ben studiato) e significativo. Mi sono concentrata dunque su "Acarnesi", la più antica commedia di Aristofane pervenutaci, collocata negli anni iniziali della guerra del Peloponneso, proposta come commedia della giustizia in modo programmatico nel nome del protagonista (di cui si fornisce un'interpretazione) e nei passi della parabasi; su "Uccelli", che si trova in posizione centrale nella cronologia delle undici commedie che possiamo leggere, nel momento di svolta della guerra, e che mette in scena la prima grande rifondazione aristofanea; su "Ecclesiazuse", penultima delle undici, commedia successiva di dieci anni alla fine della guerra, altra grande rifondazione. Quello che è emerso un quadro a volte spiazzante ma piuttosto coerente, in cui il disgusto per la situazione di ingiustizia da un lato e per l'ipertrofia giudiziaria dall'altro che dominano Atene, espresso con veemenza dai protagonisti di "Acarnesi" e "Uccelli" (e, si può supporre, condiviso da buona parte del pubblico), porta alla concezione del progetto comico di rifondare la città anche e soprattutto attraverso l'abolizione della giustizia di tribunale. Se davvero la giustizia costituisce il nodo problematico che riassume in sé le contraddizioni e le inadeguatezze della democrazia ateniese, gli eroi comici sembrano mostrare che tale nodo può essere sciolto e che da tale scioglimento nascerà un mondo nuovo, incarnando le più rosee illusioni degli Ateniesi. Ma la nuova città, abolita la giustizia distorta di Atene, non sa sostituirla con nessuna forma nuova di giustizia, e l'unica regola che resta è quella dell'arbitrio violento dell'uomo forte che si è eletto a fondatore o di una legge che ha perso ogni contatto con l'umanità. La giustizia scompare, anche come tema, dall'orizzonte delle nuove realtà, e gli organi della democrazia permettono o addirittura determinano tale perdita. Aristofane mostra così, con alcune memorabili frasi e scene, ai propri concittadini il rovescio della medaglia dei loro sogni di palingenesi e di gloria, demolendo tanto le parole chiave oligarchiche quanto quelle democratiche, e li sfida a desiderare davvero un'Atene apparentemente gloriosa, ma senza tribunali, senza giudici, senza giustizia e, per ciò stesso, senza vera libertà.

ΚΩΜΩΙΔΕΙΝ ΤΑ ΔΙΚΑΙΑ, ΚΩΜΩΙΔΕΙΝ ΤΗΝ ΠΟΛΙΝ.Ripensare la giustizia e rifondare la città in Aristofane

CAPRA, ELENA SOFIA
2018/2019

Abstract

"Voi non mollate mai questo poeta, così continuerà sempre a mettere in commedia ciò che è giusto"; così il coro si rivolge agli spettatori nella parabasi di "Acarnesi", la prima commedia a noi giunta di Aristofane. Il giovane autore si presenta esplicitamente come unico paladino della giustizia in una città in cui essa subisce quotidianamente distorsioni e negazioni; il problema della giustizia, intesa tanto come amministrazione della giustizia in tribunale, quanto come valore di portata generale, è un leit-motiv della commedia aristofanea lungo tutta la sua quarantennale estensione, e i termini che ne esprimono i vari aspetti la famiglia del termine-base δίκη ritornano come parole chiave nei momenti di maggiore densità concettuale politica e meteatrale. Il mio lavoro si concentra su questi termini e trova il suo fondamento in una ricognizione dei luoghi e dei contesti in cui essi sono impiegati da Aristofane, con attenzione alle sfumature dei loro significati e all'importanza da essi ricoperta nella costruzione del messaggio politico aristofaneo. Nell'impossibilità di commentare tutti i passi interessati, ho scelto non di seguire la vicenda di una singola parola o di un singolo tema, ma di circoscrivere il lavoro a tre commedie, analizzando, per ciascuna di queste, tutti i passi rilevanti. La scelta non poteva essere che in parte idiosincrasica, e così è stato; ma si è cercato di selezionare testi in cui costruire un percorso del genere fosse insieme possibile (si sono dunque escluse "Nuvole" e "Vespe", le due commedie in cui il tema giudiziario è trattato più direttamente, dunque molto più estesamente, ed è peraltro ben studiato) e significativo. Mi sono concentrata dunque su "Acarnesi", la più antica commedia di Aristofane pervenutaci, collocata negli anni iniziali della guerra del Peloponneso, proposta come commedia della giustizia in modo programmatico nel nome del protagonista (di cui si fornisce un'interpretazione) e nei passi della parabasi; su "Uccelli", che si trova in posizione centrale nella cronologia delle undici commedie che possiamo leggere, nel momento di svolta della guerra, e che mette in scena la prima grande rifondazione aristofanea; su "Ecclesiazuse", penultima delle undici, commedia successiva di dieci anni alla fine della guerra, altra grande rifondazione. Quello che è emerso un quadro a volte spiazzante ma piuttosto coerente, in cui il disgusto per la situazione di ingiustizia da un lato e per l'ipertrofia giudiziaria dall'altro che dominano Atene, espresso con veemenza dai protagonisti di "Acarnesi" e "Uccelli" (e, si può supporre, condiviso da buona parte del pubblico), porta alla concezione del progetto comico di rifondare la città anche e soprattutto attraverso l'abolizione della giustizia di tribunale. Se davvero la giustizia costituisce il nodo problematico che riassume in sé le contraddizioni e le inadeguatezze della democrazia ateniese, gli eroi comici sembrano mostrare che tale nodo può essere sciolto e che da tale scioglimento nascerà un mondo nuovo, incarnando le più rosee illusioni degli Ateniesi. Ma la nuova città, abolita la giustizia distorta di Atene, non sa sostituirla con nessuna forma nuova di giustizia, e l'unica regola che resta è quella dell'arbitrio violento dell'uomo forte che si è eletto a fondatore o di una legge che ha perso ogni contatto con l'umanità. La giustizia scompare, anche come tema, dall'orizzonte delle nuove realtà, e gli organi della democrazia permettono o addirittura determinano tale perdita. Aristofane mostra così, con alcune memorabili frasi e scene, ai propri concittadini il rovescio della medaglia dei loro sogni di palingenesi e di gloria, demolendo tanto le parole chiave oligarchiche quanto quelle democratiche, e li sfida a desiderare davvero un'Atene apparentemente gloriosa, ma senza tribunali, senza giudici, senza giustizia e, per ciò stesso, senza vera libertà.
2018
ΚΩΜΩΙΔΕΙΝ ΤΑ ΔΙΚΑΙΑ, ΚΩΜΩΙΔΕΙΝ ΤΗΝ ΠΟΛΙΝ. Rethinking justice and refounding Athens in Aristophanes
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