Con la seguente tesi si intende indagare la funzione che il sintomo anoressico svolge nel soggetto psicotico che ne soffre e l'irriducibilità del posto occupato dal transfert all'interno di un'istituzione il cui trattamento multidisciplinare segue gli orientamenti della clinica lacaniana. Verrà analizzata la questione, con cui deve scontrarsi la psicoanalisi odierna, relativa a come riuscire a modificare il reale del godimento alla base del sintomo anoressico attraverso il funzionamento della parola, in un'epoca caratterizzata da un malfunzionamento generalizzato tanto dell'inconscio quanto della capacità di simbolizzazione e che avvicina in questo modo le nuove forme del sintomo a una struttura assimilabile a quella delle psicosi. Il trattamento multidisciplinare in istituzione potrebbe rispondere all'esigenza di emancipare la parola da un uso meramente semantico per rendersi testimonianza reale, attraverso il dispositivo transferale agito su tutti gli operatori, e riuscire a insinuarsi nell'economia del sintomo dei casi gravi e dei soggetti psicotici. Nonostante il rischio, sempre presente nella psicosi, che le dinamiche transferali degenerino nella forma della persecuzione e dell'erotomania, verrà evidenziata la necessità di fare comunque del transfert la chiave di lettura principale della diagnosi, del sintomo e della direzione della cura di un soggetto psicotico che si rivolge a un'istituzione affinché venga frenato l'avanzare verso la morte che l'anoressia di cui soffre può comportare. Sarà dunque evidenziata la funzione di motore e di ostacolo alla cura che il transfert può assumere: se da una parte rappresenta il tramite per il quale è possibile individuare l'economia del godimento soggettivo, nonché le identificazioni, le crisi e i passaggi allatto che consentono a chi se ne prende cura di restituire al soggetto la sua verità, dall'altra si configura come un vero e proprio limite al trattamento, data l'incandescenza che lo caratterizza la quale, laddove non sfoci in una brusca interruzione della cura, può arrivare a trascendere i limiti del sapere standardizzato della scienza e della tecnica per appellarsi anche a una dimensione etica e individuale dell'operatore che se ne prende carico. Sarà quindi considerata l'istituzione non solo come l'unica risposta possibile al soggetto psicotico per il quale il legame sociale è divenuto inaccessibile, ma anche come luogo dove possa essere garantito all'equipe curante uno spazio per trovare, caso per caso, un metodo proprio per riuscire a incontrare la sofferenza del paziente e per porre in costante tensione dialettica le norme universali su cui si basa l'organizzazione dell'istituzione con la particolarità del paziente. Nello specifico si è voluta focalizzare l'attenzione sugli aspetti ambivalenti del transfert emersi dalla costruzione di due casi clinici di melanconia e di paranoia, alla luce delle differenze strutturali che distinguono le due figure cliniche e che consentono di cogliere tanto i limiti che oppongono quanto gli spazi di manovra che offrono al trattamento. Si vedrà infatti come nel caso della melanconia sia stato possibile costruire insieme al paziente una supplenza immaginaria che gli consentisse di occupare un posto nel sociale, grazie al monitoraggio costante del transfert agito verso gli operatori, il quale ha inoltre permesso di realizzare sia una rettifica della posizione occupata dall'Altro, sia l'incontro del paziente con il proprio desiderio inconscio. Sarà invece il caso della paranoia a mostrare maggiormente i limiti di una figura clinica il cui transfert, che per ragioni strutturali si presenta già di per sé negativo, ha reso prioritario piuttosto un lavoro finalizzato a rovesciare la persecutorietà percepita come proveniente dall'Altro nella possibilità di assumere da parte del paziente la responsabilità implicata nel proprio malessere.

Martiri dell'inconscio: psicosi e anoressia nel trattamento istituzionale

MAPELLI, ALESSANDRA
2018/2019

Abstract

Con la seguente tesi si intende indagare la funzione che il sintomo anoressico svolge nel soggetto psicotico che ne soffre e l'irriducibilità del posto occupato dal transfert all'interno di un'istituzione il cui trattamento multidisciplinare segue gli orientamenti della clinica lacaniana. Verrà analizzata la questione, con cui deve scontrarsi la psicoanalisi odierna, relativa a come riuscire a modificare il reale del godimento alla base del sintomo anoressico attraverso il funzionamento della parola, in un'epoca caratterizzata da un malfunzionamento generalizzato tanto dell'inconscio quanto della capacità di simbolizzazione e che avvicina in questo modo le nuove forme del sintomo a una struttura assimilabile a quella delle psicosi. Il trattamento multidisciplinare in istituzione potrebbe rispondere all'esigenza di emancipare la parola da un uso meramente semantico per rendersi testimonianza reale, attraverso il dispositivo transferale agito su tutti gli operatori, e riuscire a insinuarsi nell'economia del sintomo dei casi gravi e dei soggetti psicotici. Nonostante il rischio, sempre presente nella psicosi, che le dinamiche transferali degenerino nella forma della persecuzione e dell'erotomania, verrà evidenziata la necessità di fare comunque del transfert la chiave di lettura principale della diagnosi, del sintomo e della direzione della cura di un soggetto psicotico che si rivolge a un'istituzione affinché venga frenato l'avanzare verso la morte che l'anoressia di cui soffre può comportare. Sarà dunque evidenziata la funzione di motore e di ostacolo alla cura che il transfert può assumere: se da una parte rappresenta il tramite per il quale è possibile individuare l'economia del godimento soggettivo, nonché le identificazioni, le crisi e i passaggi allatto che consentono a chi se ne prende cura di restituire al soggetto la sua verità, dall'altra si configura come un vero e proprio limite al trattamento, data l'incandescenza che lo caratterizza la quale, laddove non sfoci in una brusca interruzione della cura, può arrivare a trascendere i limiti del sapere standardizzato della scienza e della tecnica per appellarsi anche a una dimensione etica e individuale dell'operatore che se ne prende carico. Sarà quindi considerata l'istituzione non solo come l'unica risposta possibile al soggetto psicotico per il quale il legame sociale è divenuto inaccessibile, ma anche come luogo dove possa essere garantito all'equipe curante uno spazio per trovare, caso per caso, un metodo proprio per riuscire a incontrare la sofferenza del paziente e per porre in costante tensione dialettica le norme universali su cui si basa l'organizzazione dell'istituzione con la particolarità del paziente. Nello specifico si è voluta focalizzare l'attenzione sugli aspetti ambivalenti del transfert emersi dalla costruzione di due casi clinici di melanconia e di paranoia, alla luce delle differenze strutturali che distinguono le due figure cliniche e che consentono di cogliere tanto i limiti che oppongono quanto gli spazi di manovra che offrono al trattamento. Si vedrà infatti come nel caso della melanconia sia stato possibile costruire insieme al paziente una supplenza immaginaria che gli consentisse di occupare un posto nel sociale, grazie al monitoraggio costante del transfert agito verso gli operatori, il quale ha inoltre permesso di realizzare sia una rettifica della posizione occupata dall'Altro, sia l'incontro del paziente con il proprio desiderio inconscio. Sarà invece il caso della paranoia a mostrare maggiormente i limiti di una figura clinica il cui transfert, che per ragioni strutturali si presenta già di per sé negativo, ha reso prioritario piuttosto un lavoro finalizzato a rovesciare la persecutorietà percepita come proveniente dall'Altro nella possibilità di assumere da parte del paziente la responsabilità implicata nel proprio malessere.
2018
Martyrs of unconscious: psychosis and anorexia in the institutional treatment
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/5782