La ricerca si propone di riesaminare l'evidenza offerta dalle fonti antiche a proposito della coorte come unità tattica dell'esercito romano. Oltre alle coorti legionarie, vengono analizzate anche quelle alleate e quelle pretorie. Scopo centrale del testo è il tentativo di determinare l'evoluzione di questo corpo, dalle primissime attestazioni, relative all'età repubblicana arcaica, fino all'età di Cesare. Le due posizioni tradizionali, che prevedono l'introduzione della coorte da parte di Scipione Africano in contesto spagnolo, o per opera di Mario contro i Teutoni e i Cimbri, vengono analizzate e discusse. La tesi centrale del lavoro è l'assenza di una reale e importante riforma tattica dell'esercito romano; viene ridimensionato lo stacco tra l'esercito "manipolare" e quello "coortale", sostenendo che la coorte fosse, almeno dal terzo secolo a.C., una possibilità tattica a disposizione del comandante, comunque pienamente inseribile in un contesto manipolare. Si contesta dunque la validità delle teorie moderne, che prevedono una consapevole introduzione da parte di un comandante riformatore. Viene adottata una visione di lunga durata, che congiunge senza soluzione di continuità, fatti salvi necessari e rilevanti - ma non rivoluzionari - aggiustamenti, gli eserciti del terzo secolo con quelli del primo. Il principale mutamento rilevato consiste nell'introduzione di un sistema di leva per coorti. Particolare enfasi è posta sull'ipotesi che le legioni romane fossero, a prescindere dall'organizzazione in manipoli o in coorti, un'organismo estremamente flessibile e capace di adattarsi a ogni circostanza, e che questo carattere renda ragione della coesistenza di manipolo e coorte tra la fine del terzo e il secondo secolo. Si sostiene anche che questa caratteristica di fondo sia ben delineata e molto apprezzata da Polibio.

Le coorti nell'esercito romano di età repubblicana

BRUSA, GABRIELE
2018/2019

Abstract

La ricerca si propone di riesaminare l'evidenza offerta dalle fonti antiche a proposito della coorte come unità tattica dell'esercito romano. Oltre alle coorti legionarie, vengono analizzate anche quelle alleate e quelle pretorie. Scopo centrale del testo è il tentativo di determinare l'evoluzione di questo corpo, dalle primissime attestazioni, relative all'età repubblicana arcaica, fino all'età di Cesare. Le due posizioni tradizionali, che prevedono l'introduzione della coorte da parte di Scipione Africano in contesto spagnolo, o per opera di Mario contro i Teutoni e i Cimbri, vengono analizzate e discusse. La tesi centrale del lavoro è l'assenza di una reale e importante riforma tattica dell'esercito romano; viene ridimensionato lo stacco tra l'esercito "manipolare" e quello "coortale", sostenendo che la coorte fosse, almeno dal terzo secolo a.C., una possibilità tattica a disposizione del comandante, comunque pienamente inseribile in un contesto manipolare. Si contesta dunque la validità delle teorie moderne, che prevedono una consapevole introduzione da parte di un comandante riformatore. Viene adottata una visione di lunga durata, che congiunge senza soluzione di continuità, fatti salvi necessari e rilevanti - ma non rivoluzionari - aggiustamenti, gli eserciti del terzo secolo con quelli del primo. Il principale mutamento rilevato consiste nell'introduzione di un sistema di leva per coorti. Particolare enfasi è posta sull'ipotesi che le legioni romane fossero, a prescindere dall'organizzazione in manipoli o in coorti, un'organismo estremamente flessibile e capace di adattarsi a ogni circostanza, e che questo carattere renda ragione della coesistenza di manipolo e coorte tra la fine del terzo e il secondo secolo. Si sostiene anche che questa caratteristica di fondo sia ben delineata e molto apprezzata da Polibio.
2018
Cohorts in the Roman republican army
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