È impresa ardua per la critica cercare una definizione univoca del cinema di Gus Van Sant (24 luglio 1952, Louisville), regista che da sempre si sottrae fieramente a ogni tentativo di incasellamento, rifuggendo le etichette e mettendo alla prova le proprie capacità in ambiti sempre diversi. Eclettica e multiforme, la sperimentazione di Van Sant non ha riguardato solo l'ambito cinematografico, ma ha spaziato dalla pittura alla fotografia – celebre la sua raccolta di ritratti “108 Portraits” –, dalla musica alla letteratura. Le arti visive hanno però da sempre esercitato una fascinazione particolare sul regista di Portland, così, dopo i dipinti a olio e le serigrafie del periodo giovanile, Van Sant è approdato naturalmente al cinema, la sua «forma d'arte congeniale». La figura di Van Sant non può non essere convocata in una riflessione sul cinema contemporaneo e sulle principali dinamiche che lo attraversano: il corpus vansantiano riflette infatti il delicato passaggio dalla postmodernità a quella nuova esigenza realista che sembra oggi imporsi in larga parte della produzione odierna. Il regista di Portland abita una zona liminale, il suo cinema si colloca a metà strada tra la stagione postmoderna e una nuova modernità, offrendosi come chiave di lettura per provare a interpretare i cambiamenti in atto nel panorama contemporaneo. In particolare, all'interno della filmografia del regista, si è scelto di soffermare la nostra attenzione su quel particolare momento laboratoriale costituito dai film da Gerry a Last Days, che più di tutti appaiono esemplificativi nel rappresentare il passaggio in atto. Le tre pellicole mostrano infatti la compresenza di figure diverse, apparentemente in contraddizione tra di loro, ponendosi come zona di intersezione di tendenze differenti, sempre in bilico tra realismo e artificio. Accanto a questi tre film, è sembrato opportuno considerare anche Paranoid Park, opera al confine della trilogia, che si pone in continuità da un punto di vista produttivo e che prosegue in certa parte la riflessione precedente, ma che allo stesso tempo se ne distanzia, sancendo la fine di questa parentesi sperimentale. Il seguente lavoro appare ripartito in due sezioni: la prima parte costituisce l'analisi “verticale” delle quattro opere, per mettere alla luce stile, temi, figure e modalità produttive, evidenziandone il carattere di grande novità rispetto al corpus precedente. La seconda parte dell'elaborato conduce invece un'analisi “obliqua” delle quattro pellicole, a partire da altrettante parole chiave: tempo, spazio, sguardo e ripetizione. Soffermandoci su queste quattro figure, così intimamente coinvolte nella poetica vansantiana e profondamente radicate nell'estetica postmoderna, e analizzando il processo di metamorfosi che subiscono nelle opere considerate, la nostra riflessione si muove in una duplice direzione: da una parte cerca di chiarire la natura ambigua della trilogia e di Paranoid Park e la posizione che questi film occupano all'interno della filmografia del regista, dall'altra tenta di mettere in luce le modalità attraverso cui questa sperimentazione partecipa alla contemporaneità, intercettando alcuni dei cambiamenti in atto e illuminando la naturale schizofrenia del cinema contemporaneo.

Intersezioni: in bilico tra realismo e artificio. Il cinema di Gus Van Sant da Gerry a Paranoid Park.

GAMBERINI, GIORGIA GIULIA
2018/2019

Abstract

È impresa ardua per la critica cercare una definizione univoca del cinema di Gus Van Sant (24 luglio 1952, Louisville), regista che da sempre si sottrae fieramente a ogni tentativo di incasellamento, rifuggendo le etichette e mettendo alla prova le proprie capacità in ambiti sempre diversi. Eclettica e multiforme, la sperimentazione di Van Sant non ha riguardato solo l'ambito cinematografico, ma ha spaziato dalla pittura alla fotografia – celebre la sua raccolta di ritratti “108 Portraits” –, dalla musica alla letteratura. Le arti visive hanno però da sempre esercitato una fascinazione particolare sul regista di Portland, così, dopo i dipinti a olio e le serigrafie del periodo giovanile, Van Sant è approdato naturalmente al cinema, la sua «forma d'arte congeniale». La figura di Van Sant non può non essere convocata in una riflessione sul cinema contemporaneo e sulle principali dinamiche che lo attraversano: il corpus vansantiano riflette infatti il delicato passaggio dalla postmodernità a quella nuova esigenza realista che sembra oggi imporsi in larga parte della produzione odierna. Il regista di Portland abita una zona liminale, il suo cinema si colloca a metà strada tra la stagione postmoderna e una nuova modernità, offrendosi come chiave di lettura per provare a interpretare i cambiamenti in atto nel panorama contemporaneo. In particolare, all'interno della filmografia del regista, si è scelto di soffermare la nostra attenzione su quel particolare momento laboratoriale costituito dai film da Gerry a Last Days, che più di tutti appaiono esemplificativi nel rappresentare il passaggio in atto. Le tre pellicole mostrano infatti la compresenza di figure diverse, apparentemente in contraddizione tra di loro, ponendosi come zona di intersezione di tendenze differenti, sempre in bilico tra realismo e artificio. Accanto a questi tre film, è sembrato opportuno considerare anche Paranoid Park, opera al confine della trilogia, che si pone in continuità da un punto di vista produttivo e che prosegue in certa parte la riflessione precedente, ma che allo stesso tempo se ne distanzia, sancendo la fine di questa parentesi sperimentale. Il seguente lavoro appare ripartito in due sezioni: la prima parte costituisce l'analisi “verticale” delle quattro opere, per mettere alla luce stile, temi, figure e modalità produttive, evidenziandone il carattere di grande novità rispetto al corpus precedente. La seconda parte dell'elaborato conduce invece un'analisi “obliqua” delle quattro pellicole, a partire da altrettante parole chiave: tempo, spazio, sguardo e ripetizione. Soffermandoci su queste quattro figure, così intimamente coinvolte nella poetica vansantiana e profondamente radicate nell'estetica postmoderna, e analizzando il processo di metamorfosi che subiscono nelle opere considerate, la nostra riflessione si muove in una duplice direzione: da una parte cerca di chiarire la natura ambigua della trilogia e di Paranoid Park e la posizione che questi film occupano all'interno della filmografia del regista, dall'altra tenta di mettere in luce le modalità attraverso cui questa sperimentazione partecipa alla contemporaneità, intercettando alcuni dei cambiamenti in atto e illuminando la naturale schizofrenia del cinema contemporaneo.
2018
Intersections: between realism and artifice. The cinema of Gus Van Sant from Gerry to Paranoid Park.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/8874