Art. 27 co 3 of the Italian Constitution declares that «punishment must focus on the prisoner’s rehabilitation». To this end, educators and psychologists are engaged in Italian prisons. However, their position is still marginal, often precarious, overall ancillary. The whole correctional system seems still implicitly rooted in a restraining, inflictive and socially incapacitating concept of incarceration. In this thesis I shall consider how evolutionary psychology and neuropsychology, social psychology, and clinical psychology can contribute to the epistemological framework of criminal justice and to imprisonment regulations. I shall also argue that in order to be inclusion-oriented, “re-education” must also be rehabilitating towards social redemption. I also propose examples of measures to enhance prisoner’s social rehabilitation while diminishing risks of recidivism.

L’art. 27 co. 3 della Costituzione italiana dichiara che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». A questo fine, educatori e psicologi già da tempo sono impegnati nelle carceri italiane. La loro posizione, tuttavia, resta marginale, spesso precaria, complessivamente ancillare, e l’intera organizzazione carceraria sembra ancora implicitamente ancorata ad una concezione deprivativa, punitiva e socialmente disabilitante della reclusione. Questo vuole essere un contributo di riflessione su come la psicologia e la neuropsicologia evolutiva, la psicologia sociale e la psicologia clinica possano contribuire alla cornice epistemologica del diritto penale e ai principi che regolano la reclusione del condannato; e su come il principio della “rieducazione”, per avere uno scopo davvero re-inclusivo, vada integrato con il principio di riabilitazione come riscatto sociale. Vorrei inoltre suggerire alcune possibili misure atte non solo a rinforzare il sistema di riabilitazione sociale del detenuto, ma anche a ridurre i rischi di recidiva.

RECLUDERE PER RIABILITARE. Il contributo della psicologia ai principi regolatori dell’organizzazione carceraria e sue possibili applicazioni.

NEGRI, ANNA MARIA
2015/2016

Abstract

Art. 27 co 3 of the Italian Constitution declares that «punishment must focus on the prisoner’s rehabilitation». To this end, educators and psychologists are engaged in Italian prisons. However, their position is still marginal, often precarious, overall ancillary. The whole correctional system seems still implicitly rooted in a restraining, inflictive and socially incapacitating concept of incarceration. In this thesis I shall consider how evolutionary psychology and neuropsychology, social psychology, and clinical psychology can contribute to the epistemological framework of criminal justice and to imprisonment regulations. I shall also argue that in order to be inclusion-oriented, “re-education” must also be rehabilitating towards social redemption. I also propose examples of measures to enhance prisoner’s social rehabilitation while diminishing risks of recidivism.
2015
PRISON AS REHABILITATION. The contribution of psychology to the regulatory basics of prison organisation, and possible applications
L’art. 27 co. 3 della Costituzione italiana dichiara che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». A questo fine, educatori e psicologi già da tempo sono impegnati nelle carceri italiane. La loro posizione, tuttavia, resta marginale, spesso precaria, complessivamente ancillare, e l’intera organizzazione carceraria sembra ancora implicitamente ancorata ad una concezione deprivativa, punitiva e socialmente disabilitante della reclusione. Questo vuole essere un contributo di riflessione su come la psicologia e la neuropsicologia evolutiva, la psicologia sociale e la psicologia clinica possano contribuire alla cornice epistemologica del diritto penale e ai principi che regolano la reclusione del condannato; e su come il principio della “rieducazione”, per avere uno scopo davvero re-inclusivo, vada integrato con il principio di riabilitazione come riscatto sociale. Vorrei inoltre suggerire alcune possibili misure atte non solo a rinforzare il sistema di riabilitazione sociale del detenuto, ma anche a ridurre i rischi di recidiva.
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