The aim of this study is to investigate the myth "who commits suicide wants to die", focusing on the contrast between the wish to die and the wish not to suffer. It is important to recognize that those who decide to end their lives on purpose live in a condition of profound psychological pain which is perceived as unbearable. Once understood, this pain can become the subject of focused treatments and interventions in both clinical and preventive setting. Five university students enrolled in master's degree courses have been interviewed through a semi-structured interview analyzed using the Interpretative Phenomenological Analysis (IPA) method. The study made it possible to understand and explore their beliefs and experiences on suicide and their opinion on emotions, feelings and situations that produce the psychic pain leading to suicide. The analysis showed that all the participants know that the real purpose of suicide is to interrupt a condition of intense mental suffering. The myth "who commits suicide wants to die" is not entrenched in the sample evaluated. Among the aspects that contribute to generate the unbearable psychological pain, the participants identified both intrapsychic and interpersonal factors. Furthermore, the interviews highlighted that the myths and false beliefs about suicide are not established in the sample of this study, although with some exceptions. The participants do not have stigmatizing attitudes towards suicide and they do not express social disapproval nor the will to exclude those with suicidal ideation and/or behavior. On the contrary, from the interviews it emerged that they have opinions and beliefs that tend to justify suicide and to consider it acceptable. It is necessary to recognize that positive attitudes towards suicide, in the same way as stigma, are potentially dangerous for prevention because they involve the risk of normalizing suicidal phenomena.

L’obiettivo del presente studio è indagare il mito “chi si suicida vuole morire”, focalizzandosi sulla contrapposizione tra il desiderio di morire e il desiderio di non soffrire. È importante riconoscere che chi decide volontariamente di porre fine alla propria esistenza vive in una condizione di profondo dolore psicologico che è percepito come insopportabile ma che, una volta compreso, può diventare oggetto di trattamenti e interventi mirati sia in ambito clinico sia nel campo della prevenzione. Attraverso interviste semi-strutturate effettuate a 5 studenti universitari iscritti a corsi di laurea magistrale, è stato possibile comprendere ed approfondire le loro credenze ed esperienze sul tema suicidio e, in particolare, la loro opinione su emozioni, sentimenti e situazioni che contribuiscono a creare l’intenso dolore psichico che conduce al suicidio. È stata poi svolta un’analisi qualitativa delle interviste attraverso il metodo Interpretative Phenomenological Analysis (IPA). Dallo studio è emerso che tutti i partecipanti sono consapevoli del fatto che il fine ultimo del suicidio sia interrompere una condizione di profonda sofferenza mentale e, dunque, il mito “chi si suicida vuole morire” non risulta consolidato nel campione considerato. Tra gli aspetti che concorrono a generare un dolore psicologico insopportabile, gli/le studenti/sse intervistati/e hanno individuato fattori sia intrapsichici sia interpersonali. Dalle interviste, inoltre, si può notare che, nel campione oggetto di studio, i miti e le false credenze sul suicidio non sono radicati, seppur con qualche eccezione. È possibile concludere che i partecipanti non possiedono atteggiamenti stigmatizzanti nei confronti del suicidio, non esprimono disapprovazione sociale né volontà di escludere coloro con ideazione e/o comportanti suicidari. Al contrario, si è osservato che presentano in maggior misura opinioni e credenze che tendono a giustificare il suicidio e a ritenerlo accettabile. È necessario riconoscere che gli atteggiamenti positivi nei confronti del suicidio, allo stesso modo dello stigma, risultano essere potenzialmente pericolosi per l’ambito della prevenzione perché comportano il rischio di normalizzare i fenomeni suicidari.

Indagine fenomenologica sul suicidio: miti e false credenze

PIROVANO, ALICE
2021/2022

Abstract

The aim of this study is to investigate the myth "who commits suicide wants to die", focusing on the contrast between the wish to die and the wish not to suffer. It is important to recognize that those who decide to end their lives on purpose live in a condition of profound psychological pain which is perceived as unbearable. Once understood, this pain can become the subject of focused treatments and interventions in both clinical and preventive setting. Five university students enrolled in master's degree courses have been interviewed through a semi-structured interview analyzed using the Interpretative Phenomenological Analysis (IPA) method. The study made it possible to understand and explore their beliefs and experiences on suicide and their opinion on emotions, feelings and situations that produce the psychic pain leading to suicide. The analysis showed that all the participants know that the real purpose of suicide is to interrupt a condition of intense mental suffering. The myth "who commits suicide wants to die" is not entrenched in the sample evaluated. Among the aspects that contribute to generate the unbearable psychological pain, the participants identified both intrapsychic and interpersonal factors. Furthermore, the interviews highlighted that the myths and false beliefs about suicide are not established in the sample of this study, although with some exceptions. The participants do not have stigmatizing attitudes towards suicide and they do not express social disapproval nor the will to exclude those with suicidal ideation and/or behavior. On the contrary, from the interviews it emerged that they have opinions and beliefs that tend to justify suicide and to consider it acceptable. It is necessary to recognize that positive attitudes towards suicide, in the same way as stigma, are potentially dangerous for prevention because they involve the risk of normalizing suicidal phenomena.
2021
Phenomenological analysis of suicide: myths and false beliefs
L’obiettivo del presente studio è indagare il mito “chi si suicida vuole morire”, focalizzandosi sulla contrapposizione tra il desiderio di morire e il desiderio di non soffrire. È importante riconoscere che chi decide volontariamente di porre fine alla propria esistenza vive in una condizione di profondo dolore psicologico che è percepito come insopportabile ma che, una volta compreso, può diventare oggetto di trattamenti e interventi mirati sia in ambito clinico sia nel campo della prevenzione. Attraverso interviste semi-strutturate effettuate a 5 studenti universitari iscritti a corsi di laurea magistrale, è stato possibile comprendere ed approfondire le loro credenze ed esperienze sul tema suicidio e, in particolare, la loro opinione su emozioni, sentimenti e situazioni che contribuiscono a creare l’intenso dolore psichico che conduce al suicidio. È stata poi svolta un’analisi qualitativa delle interviste attraverso il metodo Interpretative Phenomenological Analysis (IPA). Dallo studio è emerso che tutti i partecipanti sono consapevoli del fatto che il fine ultimo del suicidio sia interrompere una condizione di profonda sofferenza mentale e, dunque, il mito “chi si suicida vuole morire” non risulta consolidato nel campione considerato. Tra gli aspetti che concorrono a generare un dolore psicologico insopportabile, gli/le studenti/sse intervistati/e hanno individuato fattori sia intrapsichici sia interpersonali. Dalle interviste, inoltre, si può notare che, nel campione oggetto di studio, i miti e le false credenze sul suicidio non sono radicati, seppur con qualche eccezione. È possibile concludere che i partecipanti non possiedono atteggiamenti stigmatizzanti nei confronti del suicidio, non esprimono disapprovazione sociale né volontà di escludere coloro con ideazione e/o comportanti suicidari. Al contrario, si è osservato che presentano in maggior misura opinioni e credenze che tendono a giustificare il suicidio e a ritenerlo accettabile. È necessario riconoscere che gli atteggiamenti positivi nei confronti del suicidio, allo stesso modo dello stigma, risultano essere potenzialmente pericolosi per l’ambito della prevenzione perché comportano il rischio di normalizzare i fenomeni suicidari.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14239/2390