Nel contesto sempre più digitale della contemporaneità, l'identità personale di ciascun individuo ha acquisito una dimensione complessa, trasformandosi in identità digitale. Con l'avvento di quest'ultima, emerge il concetto di patrimonio digitale, un insieme di dati, risorse e beni che ciascun individuo genera, custodisce e manifesta online. Questi beni, di natura estremamente diversificata, sono stati distinti dalla dottrina maggioritaria in due categorie: i digital assets a contenuto patrimoniale e quelli a contenuto extra-patrimoniale. I primi comprendono tutti quei beni caratterizzati da un valore economico intrinseco e suscettibili di utilizzi economici; i secondi, invece, comprendono quei beni dal valore prettamente personale, e intimo. La mole di dati condivisa online acquisisce sempre di più, nel contesto digitale, un valore di mercato. Basti pensare al fatto che il consenso allo sfruttamento dei propri dati personali rappresenta il contraltare economico alla fruizione gratuita dei servizi online. In questo contesto, la privacy degli utenti è sempre più a rischio e per questo motivo, al fine di tutelare il trattamento dei dati personali anche online è stato emanato, in Europa, il Regolamento 679/2016, noto come GDPR. Tuttavia, la sua efficace applicazione in rete risulta complicata dal fatto che la maggior parte degli Internet Service Provider (ISP) ha la propria sede legale in Paesi esteri non assoggettati alla normativa in questione. La questione diventa ancor più complessa quando si affronta il tema della tutela dei dati personali dell'utente dopo la morte. Sorge il dilemma: il patrimonio digitale del defunto può essere oggetto di successione agli eredi? Mentre la successione dei digital assets a contenuto patrimoniale non solleva dubbi, il destino dei dati extra-patrimoniali post mortem presenta sfide più intricate, specie considerando le clausole di intrasmissibilità spesso presenti nelle condizioni generali di servizio sottoscritte nei contratti con i provider. Attraverso la sottoscrizione di una dichiarazione di volontà, libera, specifica, informata e inequivocabile, il soggetto interessato potrebbe prevedere il destino dei propri dati dopo la morte. Gli strumenti per redigerla vengono messi a disposizione sia dalla normativa successoria (testamento, legato di password, mandato post mortem exequendum) sia da funzioni offerte dagli stessi provider come, ad esempio, il contatto erede. L'attuale mancanza di una normativa specifica sull'eredità digitale rende la questione ancora irrisolta. Nonostante il GDPR tuteli il trattamento dei dati personali anche online, questo si limita a prevedere una normativa solo per le persone in vita, lasciando che i singoli Stati dell’Unione si occupino della regolamentazione del trattamento dei dati personali dei defunti. Dopo una disamina circa la normativa adottata da Spagna, Francia, Germania e Italia in materia di “eredità digitale”, l’elaborato si occupa di analizzare tre contenziosi aditi dinnanzi ai Tribunali italiani tra eredi che chiedevano l’accesso ai dati personali dei defunti e i provider che glielo negavano. Le questioni aperte sono ancora molte per questo ci si auspica che, in futuro, vengano emanate norme più chiare a livello internazionale capaci di far fronte alle sfide legate all'eredità digitale.
L’ “EREDITÀ DIGITALE” FRA DISCIPLINA SUCCESSORIA,CONTRATTUALE E PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
PERICOLI, VIRGINIA
2022/2023
Abstract
Nel contesto sempre più digitale della contemporaneità, l'identità personale di ciascun individuo ha acquisito una dimensione complessa, trasformandosi in identità digitale. Con l'avvento di quest'ultima, emerge il concetto di patrimonio digitale, un insieme di dati, risorse e beni che ciascun individuo genera, custodisce e manifesta online. Questi beni, di natura estremamente diversificata, sono stati distinti dalla dottrina maggioritaria in due categorie: i digital assets a contenuto patrimoniale e quelli a contenuto extra-patrimoniale. I primi comprendono tutti quei beni caratterizzati da un valore economico intrinseco e suscettibili di utilizzi economici; i secondi, invece, comprendono quei beni dal valore prettamente personale, e intimo. La mole di dati condivisa online acquisisce sempre di più, nel contesto digitale, un valore di mercato. Basti pensare al fatto che il consenso allo sfruttamento dei propri dati personali rappresenta il contraltare economico alla fruizione gratuita dei servizi online. In questo contesto, la privacy degli utenti è sempre più a rischio e per questo motivo, al fine di tutelare il trattamento dei dati personali anche online è stato emanato, in Europa, il Regolamento 679/2016, noto come GDPR. Tuttavia, la sua efficace applicazione in rete risulta complicata dal fatto che la maggior parte degli Internet Service Provider (ISP) ha la propria sede legale in Paesi esteri non assoggettati alla normativa in questione. La questione diventa ancor più complessa quando si affronta il tema della tutela dei dati personali dell'utente dopo la morte. Sorge il dilemma: il patrimonio digitale del defunto può essere oggetto di successione agli eredi? Mentre la successione dei digital assets a contenuto patrimoniale non solleva dubbi, il destino dei dati extra-patrimoniali post mortem presenta sfide più intricate, specie considerando le clausole di intrasmissibilità spesso presenti nelle condizioni generali di servizio sottoscritte nei contratti con i provider. Attraverso la sottoscrizione di una dichiarazione di volontà, libera, specifica, informata e inequivocabile, il soggetto interessato potrebbe prevedere il destino dei propri dati dopo la morte. Gli strumenti per redigerla vengono messi a disposizione sia dalla normativa successoria (testamento, legato di password, mandato post mortem exequendum) sia da funzioni offerte dagli stessi provider come, ad esempio, il contatto erede. L'attuale mancanza di una normativa specifica sull'eredità digitale rende la questione ancora irrisolta. Nonostante il GDPR tuteli il trattamento dei dati personali anche online, questo si limita a prevedere una normativa solo per le persone in vita, lasciando che i singoli Stati dell’Unione si occupino della regolamentazione del trattamento dei dati personali dei defunti. Dopo una disamina circa la normativa adottata da Spagna, Francia, Germania e Italia in materia di “eredità digitale”, l’elaborato si occupa di analizzare tre contenziosi aditi dinnanzi ai Tribunali italiani tra eredi che chiedevano l’accesso ai dati personali dei defunti e i provider che glielo negavano. Le questioni aperte sono ancora molte per questo ci si auspica che, in futuro, vengano emanate norme più chiare a livello internazionale capaci di far fronte alle sfide legate all'eredità digitale.È consentito all'utente scaricare e condividere i documenti disponibili a testo pieno in UNITESI UNIPV nel rispetto della licenza Creative Commons del tipo CC BY NC ND.
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https://hdl.handle.net/20.500.14239/3494